La morte della grande attrice
La signora Hitchcock
Fu l'incontro con il grande maestro a cambiare la vita di Joan Fontaine, celebre per "Il Sospetto” e il pessimo rapporto con la sorella Olivia De Havilland
Il caso ha voluto che un paio di sere fa, massimo tre, ci capitasse tra le mani il DVD de Lo specchio scuro di Robert Siodmak (1946). E poiché ogni tanto fa bene ricordarsi che esistono attori bravi e registi all’altezza, non abbiamo potuto fare a meno di rivedercelo, ammirando la straordinaria Olivia De Havilland nel ruolo di due gemelle, una sana che rischia di impazzire perché l’altra, fortemente disturbata, la odia con tutte le proprie forze e le rende la vita un inferno.
Ora, non sappiamo se la realtà superi come spesso accade la fantasia e se la vera sorella di Olivia, la Joan Fontaine appena scomparsa, odiasse davvero il sangue del suo sangue, ma è un fatto che le cronache raccontino che le due non si siano parlate per anni. Pare a causa di un Oscar, quello ricevuto nel 1942 dalla Fontaine per Il sospetto di Alfred Hitchcock, scippato alla sorella, candidata invece per La porta d’oro. Non solo, ma si narra che nel momento in cui venne proclamata vincitrice la Fontaine, tesoro di mamma, finse di non vedere la sorella Olivia che si era alzata per congratularsi con lei. Quindi, ma è solo una nostra ipotesi, ad di là dell’aspetto angelico, la Fontaine dimostrava una notevole propensione alla perfidia e la De Havilland, al di là dell’aspetto sia angelico che diabolico, sembrerebbe davvero una vittima. Oddio, se poi ci mettiamo alcune sue interpretazioni, vedi lo stesso Lo specchio scuro ma soprattutto Piano piano dolce Carlotta, qualche dubbio ci viene. Perché ci sembra inverosimile che una attrice così propensa alla malvagità non sia malvagia anche nella vita reale. E questo ci sembra davvero un gran complimento.
Che però vale al contrario anche per la sorella più giovane: Joan Fontaine classe 1917, Olivia De Havilland 1916. La sua interpretazione nel già citato Il sospetto e nell’altro Hitchcock Rebecca, la prima moglie, ci mostrano il prototipo della donna vittima designata e rassegnata a soccombere senza reagire alle “traversie della vita”. È probabile che l’imprinting ricevuto in giovane età abbia in qualche modo fatto di loro due donne molto sensibili, volubili e versatili. A partire dall’infanzia che non era certo stata rose e fiori. Britanniche ma nate a Tokyo (il padre, stimato avvocato inglese, non esercitava proprio sotto casa) avevano avuto seri problemi legati alla separazione dei genitori. In particolare Joan era di salute cagionevole e i problemi familiari non l’avevano aiutata a risolverli. Joan, dopo aver vissuto per alcuni anni a Saratoga in California aveva fatto ritorno a Tokyo con il padre. Affrontata la trafila delle scuole di recitazione, in particolare quella del grande Max Reinhardt e dopo apparizioni di seconda fascia, la fortuna baciò Joan, che grazie a un casuale incontro con il produttore David O. Selznick ottenne un provino e poi la parte per Rebecca, la prima moglie, che le fruttò una nomination all’Oscar segnando una svolta decisiva nella sua carriera.
Il destino degli attori è sempre quello di essere ricordati più per le loro interpretazioni che per la loro biografia, in particolare quando questa corrisponde a una esistenza riservata e senza clamori. Nonostante i quattro matrimoni alle spalle, tutti conclusi con il divorzio, Joan Fontaine per noi resterà sempre la fragile ma determinata Lina, che rassegnata ad essere uccisa dal marito scoprirà invece che questi l’ama profondamente. Esattamente il contrario di quello che avviene nel romanzo dal quale Il sospetto è tratto. E sempre lì si torna, ad un inevitabile gioco di rimandi, di inversioni, di specchi scuri che riflettono equamente la verità e la menzogna, recitazione e vita reale, senza distinzione. È il destino, senza fine e senza soluzione. Ma state tranquilli, appartiene solo ai grandi attori.