Nel cuore della fiaba
I Grimm rivisitati
Philip Pullman rilegge cinquanta favole dei celebri autori tedeschi con l'ambizione di «produrne una versione limpida come l'acqua». Tenendo presente che altro non sono se non una metafora dell'esperienza umana che, come consigliava Rilke, va accettata nella maniera più ampia possibile
C’era una volta… L’origine delle fiabe si perde nella notte dei tempi, si può immaginare la presenza di un narratore che dinanzi a volti attenti, rischiarati dalle fiamme di un focolare, comincia a raccontare le sue storie, sempre diverse. Scrive Philip Pullman nella sua accattivante versione delle Fiabe dei Grimm per grandi & piccoli (Salani, trad. Mariagiorgia Ulbar, 438 pagine, 16,80 euro): «Non ho inteso riportarle in ambientazioni moderne, darne interpretazioni personali o comporre variazioni poetiche sulla base degli originali: ho voluto solo produrne una versione limpida come l’acqua».
Le fonti a cui attinsero i Grimm quando decisero di dare alle stampe la prima raccolta dal titolo le Fiabe del focolare , erano sia orali che letterarie e l’idea di pubblicarle rispondeva a un interesse molto diffuso nella classe colta dell’epoca. Assenza di psicologia, sveltezza nell’accadimento degli eventi, queste secondo Pullman sono le caratteristiche principali delle fiabe: «Niente viene tenuto nascosto. I fremiti e i misteri della coscienza umana, i bisbigli della memoria, i suggerimenti di un maldigerito rammarico o dubbio o desiderio che sono parte integrante della materia del romanzo moderno sono completamente assenti». E ancora: «La rappresentazione pittorica più calzante dei personaggi delle fiabe non si trova in nessuna delle belle edizioni illustrate dei Grimm che sono state pubblicate negli anni, bensì nelle figure di cartapesta ritagliata dei teatrini giocattolo».
I personaggi infatti delle cinquanta fiabe qui raccolte sono spesso simili: «chi è buono è buono, chi è cattivo è cattivo». Non sono state scelte casualmente, ma come scrive l’autore, sotto la guida di un magico spiritello, una voce segreta che appartiene a ogni storia. Le parti importanti sono sostenute di volta in volta da contadini, cavalieri, filatrici, artigiani e ovviamente da principi e principesse. Hans e Gretel sono importanti come i figli di re e regine, sono bambini e saranno in grado di vincere sulla matrigna e sulla strega. Perché, come ha scritto Novalis, tutto nelle fiabe deve essere meraviglioso e incoerente e anche terribile, tutto deve essere animato. Basti pensare alla magnifica fiaba del Pescatore e sua moglie, nella quale il rombo fatato smaschererà l’avidità della donna, folle e cattiva. Nella Guardiana delle oche il matrimonio fra il principe e la principessa configura il raggiungimento dell’amore vero che non si può ottenere se non superando prove, difficoltà e inganni attuati a volte da persone insospettabili. Quanto ai re non vi è dubbio che debbono essere giusti e generosi altrimenti perderanno il favore dei sudditi. È divertente e significativa della crudeltà e pochezza umana la storia dei Musicanti di Brema: l’asino ormai invecchiato a cui il padrone non vuole più dare da mangiare; il vecchio cane da caccia che il padrone vuole uccidere; il gatto ormai spelacchiato e incapace di prendere i topi che la padrona vuole affogare; il gallo a cui il cuoco vuole tirare il collo. Unendosi nella triste sorte i quattro animali avranno la meglio sui briganti e resteranno nella casa che sono riusciti a occupare.
Nelle fiabe dei Grimm si ritorna alla gente comune e spesso i poveri hanno la meglio sui ricchi. Sono raccontate con parole facili, colorite, ma non artificiose e trasmettono valori autentici, come la sincerità e la sponteneità, più vicine e condivise di quanto non sembri, e non si risparmiano le giuste punizioni. Pensate a Cenerentola, la cui diffusione è dovuta a Charles Perrault, ma che si ritrova sotto varie versioni in tutte le raccolte di fiabe classiche. Qui spicca il tema della rivalità fra fratelli e sorelle e anziché perdonate le sorellastre cattive finiranno accecate. Anche Gli Elfi, quei piccoli ometti nudi o vestiti in modo stravagante, che non amano farsi vedere e sono un po’ dispettosi, hanno un ruolo importante e pittoresco e ritornano spesso anche nei romanzi fantasy. Il lungo sonno della bella principessa in Rosaspina, secondo l’interpretazione freudiana di Bruno Bettelheim, «non è altro che un quieto periodo di crescita e preparazione da cui la persona si sveglierà matura, pronta per l’unione sessuale», ma potrebbe anche essere collegata all’idea del risveglio della natura in primavera.
La fiaba, in latino fabula è narrazione di fatti fantastici, sensazionali; è un momento in cui il mondo si racconta e la natura si mescola all’universo degli uomini e degli spiriti. Il gusto dell’abnorme, l’abbandono ai sogni e agli incantesimi, la paura degli incubi racchiusi nell’oscurità notturna, il superamento dello spazio e del tempo, la natura come rappresentazione simbolica di stati d’animo: tutto questo è presente insieme alla scoperta dell’uomo interiore nel momento in cui luoghi inesplorati del gusto e della sensibilità sono portati alla luce. In fondo le fiabe indicano che bisogna semplicemente «accettare la nostra esistenza nella maniera più ampia, tutto anche l’inaudito deve essere in essa possibile», come ha scritto Rilke. Così le parole riacquisteranno il loro magico potere e tutto ciò che appare diverso diventerà familiare, già conosciuto mentre gli incantesimi si romperanno come avviene nella fiaba del Principe Ranocchio o Enrico di Ferro, chiara «metafora dell’esperienza umana», che suggerisce di essere coraggiosi e pronti a superare gli ostacoli per raggiungere davvero ciò che ci interessa.