Fa male lo sport
Da Alex a Pupone
Aspettando Roma-Juventus, si può rileggere la storia parallela di Del Piero e Totti: due avventure umane e sportive che raccontano un calcio a misura umana. Un calcio troppo spesso dimenticato
Nel lessico del calcio c’è un’espressione – giocatori bandiera – che è scomparso, o quasi. E tuttavia essa resiste per i nostri due personaggi, perlomeno per uno, considerato che l’altro è ormai un ex, anzi è un ex calciatore, è una bandiera ammainata. Quando si parla di Juve e Roma, vale la pena ricordarsi di quei due che dagli anni Novanta in poi hanno caratterizzato le sfide aspre, velenose tra i due club: Alessandro Del Piero e Francesco Totti. Straordinari, popolari, divertenti.
A novembre Del Piero ha detto: «Credo che storie come la mia e quella di Francesco non è facile trovarne non solo nel calcio italiano ma nel mondo intero. Mi auguro che Roma, Juve ma anche il Milan – che nel passato ha avuto Maldini e Baresi –possano di nuovo ripercorrere storie del genere che hanno nel romanticismo la loro origine». Di romantico, il calcio non ha più nulla. Basterebbe guardare la vicenda di “Pinturicchio”, ripudiato dalla Juve dopo quasi vent’anni trascorsi con la casacca bianconera addosso. Del Piero poi ha fatto la cosiddetta scelta di vita, se ne è andato in Australia dove giochicchia nel Sidney, mostra ancora qualche meraviglia in un mondo che ha poco a che vedere con il calcio. Forse tornerà presto in Italia. Ma è difficile immaginarlo dietro una scrivania dalle parti di Corso Galileo Ferraris a Torino. Si sono lasciati male. Andrea Agnelli e Del Piero non si amano, il presidente non voleva rinnovargli il contratto ma Alex giocò d’astuzia e disse che avrebbe firmato una carta anche in bianco. Mise il rampollo con le spalle al muro, vellicando il popolo bianconero sulla fedeltà alla maglia. In realtà, il vero “nemico” di Del Piero si chiama Pavel Nedved, che non vuole tra i piedi quella sorta di monumento. Probabile che quando tornerà in Italia, il fantasista di Conegliano Veneto andrà ad ingrossare le fila dei commentatori di Sky.
Altra storia quella di Francesco Totti alla Roma. Adorato da una città, almeno dalla parte giallorossa, considerato dalla società sebbene non siano mancati anche di recente screzi, poi risolti in qualche modo. In più Francesco gioca ancora, e come gioca, anche la Roma di Garcia non può fare a meno di lui. Possiamo ricondurre tutto – la freddezza verso Del Piero, il calore infinito verso Totti – da un lato all’ambiente sabaudo, alla sua riservatezza e pragmaticità e dall’altro lato alla spontaneità e generosità dei romani che abbandonano l’alta dose di menefreghismo quando si tratta di coccolare il Pupone?
Del Piero e Totti vanno controcorrente. Se Juve e Roma non si amano molto dai tempi di Dino Viola e Gianni Agnelli – non solo per via del gol-fantasma di Turone, gli juventini furono tra i maggiori accusatori del Rolex d’oro agli arbitri da parte del presidente giallorosso e le frecciate al rigonfiamento dello juventino partivano spesso dalle sponde del Tevere – quei due sembrano fatti apposta per capovolgere i luoghi comuni di un popolo e di una nazione. E del calcio manesco e verboso. È come se la loro amicizia e la considerazione che hanno l’uno dell’altro sovvertissero l’ordine costituito dei campanili, dei derby, del Nord e del Sud. Perché poi a guardarli da vicino, essi appaiono veri e spontanei, spiritosi e incuranti di un codice comportamentale di celluloide cucito addosso a molti protagonisti dello sport.
Si racconta che quando i due si misero in posa per girare quello spot sulle barzellette che trovate su YouTube, ci volle il bello e buono per convincerli a fare sul serio perché loro continuavano imperturbabili a sganasciarsi dalle risate come se dovessero raccontarsele tra di loro con Del Piero che imitava Totti ripetendo «Alessà, Alessà…», come poi succede nel breve filmato.
Alex e Francesco, un numero 10 sulle spalle, un numero magico. Ma non la sola cosa in comune. La famiglia e i figli ad esempio, sebbene mogli completamente diverse, la silenziosa Sonia e l’esuberante Ilary. La nazionale, campioni del mondo insieme a Berlino ma con ruoli un po’ defilati, non di primissimo piano però entrambi decisivi, Totti con quel rigore (inventato) all’Australia, Del Piero castigacrucchi a Dortmund in semifinale. L’essere stati in una sola squadra (Boniperti prese Alessandro dal Padova ma era un ragazzino). E poi l’ironia; di più, l’allegria, contenuta nel primo, deflagrante nel secondo. Non a caso Del Piero è il coprotagonista di non poche battute di Totti nell’antologia barzellettara, dal Cepu («non sapevo come si chiamava Volta…», «davero? Era facile: Giontra…») al black out («hai visto? Ieri c’è stato un black out…», «non l’ho visto, ero al buio…»). Infine, protagonisti di spot di successo con telefoni e uccellini ma anche di campagne a favore di tante buone cause.
Due da libro Cuore, dunque? Non proprio. Quando Totti in quel Roma-Juve del febbraio 2004 fece il celebre sfottò tutto a gesti – 4 a 0, zitti e andatevene a casa – Del Piero non era in campo ma in tribuna accanto a Bettega. Quando si rividero, pare che Alessandro tirasse fuori la famosa linguaccia, quella che milioni di persone al mondo hanno conosciuto dopo certe prodezze da lasciare senza fiato del numero 10 bianconero.