Gianni Cerasuolo
Fa male lo sport

Palcoscenico Milan

Il caso-Galliani è molto più che sportivo. È il vero segno della fine di Berlusconi? O una recita al termine della quale l'ex fedelissimo riuscirà a ottenere una liquidazione migliore? E che ne dirà la giovane Barbara? Mistero Milanello

È finita davvero un’epoca, se un fedelissimo come Galliani sbatte la porta in faccia a Silvio Berlusconi, ripetendo quello che in politica hanno fatto Alfano e soci? Pare di no. Anzi sembra di assistere a un bel cine-panettone della Medusa Film. Titolo: Natale a Milanello. Infatti il Cavaliere di Arcore ha annunciato a sorpresa che «al Milan non cambia niente, Galliani resta al suo posto, anzi ci saranno due amministratori delegati: Galliani per la parte sportiva e Barbara che si occuperà d’altro».  Un film già visto, quello in cui Berlusconi rivolta la frittata e fa quelle piroette incredibili. Dunque Galliani resterà ma fino a quando, dopo tutto quello che è successo? Un modo forse per prendere tempo, aspettare che cosa succede alla squadra e rinviare ogni decisione a fine stagione. Galliani si è subito adeguato, mozzicandosi la lingua: «Le parole del presidente sono sacre». Anzi ha pure fatto una telefonata alla “nemica”: «Si va avanti insieme perché questo è il futuro del Milan», ha sussurrato al cellulare di Barbara.

Parliamoci chiaro: uno del Cerchio Sodale  – i Confalonieri, i Dell’Utri, i Fede – non può andarsene così. Sarebbe uno smacco troppo grosso, neanche Angelino gli avrebbe potuto fare tanto male. Quell’uomo è “una scatola nera” ha scritto con efficacia Paolo Condò sulla Gazzetta dello sport per sottolineare la fedeltà, la discrezione e anche l’accumulo di segreti e retroscena in ventotto anni di lavoro in rossonero di Adriano lo Squalo. Il pallone è cosa diversa e più popolare della politica. I tifosi milanisti che pure non sono del tutto contenti degli ultimi anni di Galliani, sanno bene che sarà difficile ripetere una epopea come quella vissuta sotto la guida del brianzolo con la cravatta gialla. Il vecchio Galliani-Kojak, adesso triste, solitario y final, quella testa liscia incassata nelle scapole come il Nosferatu di Kinski, in fondo ha saputo fare il suo mestiere. Almeno fino quando il suo “presidente a vita” gettava vagonate di soldi nell’A.C.Milan. Il padrone di Arcore i cordoni della borsa li ha allargati a dismisura fino ad una decina di anni fa. I successi del Milan gli hanno fatto comodo eccome per rastrellare un bel po’ di consensi e per rafforzare l’immagine di imprenditore e politico eccellente. Passione, investimenti e affari, un cocktail miscelato bene in una sorta di edizione riveduta e corretta,  moderna e spregiudicata, del panem et circenses: un condono e una Champions, una Bossi-Fini e uno scudetto, una legge ad personam e un Kakà.

Nel ritratto scritto da Condò sulla Gazzetta  va sottolineato questo passaggio a proposito del rapporto tra Galliani e Berlusconi: «…Galliani… è stato il più potente e capace dei suoi grandi elettori… ha osservato con perfetto tempismo la regola d’oro dell’impero, quella di iscrivere i trionfi a merito di Berlusconi addossandosi invece la responsabilità dei rovesci…». Giudizio che concorda in qualche modo con quello di Francesco Merlo su Repubblica quando scrive con la consueta perfidia: «E per capire quanto Galliani in tutti questi anni sia riuscito dove Berlusconi ha fallito basta paragonare, che so?, il fantasioso e sorprendente Seedorf con la sgangherata creatività della Santanché, il “ringhio” leale e pulitissimo di Gattuso con il bau bau rancoroso di Brunetta, il carisma di Costacurta e la petulanza di Gasparri, il comando poetico di Maldini e gli afflati feroci di Bondi, la genialità di Van Basten e gli imbrogli di Tremonti…». Per concludere: «Se è vero che nel mondo di Berlusconi, il calcio è stata la politica vera, e la politica una partita falsa, oggi Barbara non ha vinto contro Galliani, ha vinto contro suo padre». Al quotidiano di Ezio Mauro non pare vero di far dire all’ex premier: «Mi ha tradito anche lui come Alfano», per disegnare ancora, dopo il voto sulla decadenza al Senato, un ritratto del Cavaliere rabbioso e deluso, ossessionato dalla galera e dal pensiero di finire fuori dai giochi.

Certo, Galliani ha spiazzato un po’ tutti, ha bussato a soldi, ha tirato due o tre missili Cruise all’erede dai capelli biondi. Può darsi che Berlusconi stia tentando un’ultima mediazione ma riesce difficile pensare che dica alla figlia di starsene buonina da una parte. Magari spera di ammorbidire le pretese di buonuscita del vicepresidente dalle mille facce buffe quando siede in tribuna. Un uomo che – forse pochi lo ricordano – ha monopolizzato il calcio italiano in un’epoca non troppo lontana. Quando aveva stretto la Sacra Alleanza con Giraudo e Moggi, colpiti e affondati. Lui è rimasto a galla, il Milan è stato sfiorato dai sospetti di Calciopoli ma, a differenza del suo più grande tifoso e mecenate, è uscito indenne dalla tempesta giudiziaria. Anche questo è stato Adriano lo Squalo.

«Galliani resta al suo posto, al Milan è tornata la serenità» ha dettato all’agenzia Ansa Berlusconi. E sembra lo stesso copione che aveva scritto prima della rottura definitiva con Alfano. Il film di Milanello non è ancora finito. Assisteremo ad altri colpi di scena, mettetevi comodi in poltrona.

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