Intervista all'autore di "Di roccia e di ghiaccio"
L’anima in salita
Enrico Camanni, alpinista e scrittore, ha cercato di cogliere il segreto dell'andare in vetta: "È solo la passione totalizzante quella che può portarti in alto e motivare il rischio affrontato". E così la sfida diventa una metafora di vita
Giornalista e storico dell’alpinismo, Enrico Camanni nel libro Di roccia e di ghiaccio (Laterza) narra una storia di montagne, sfide e tenacia non solo per gli appassionati, ma anche, e soprattutto, per i profani. Con parole e immagini forti dei protagonisti dell’arrampicata – da un inedito Petrarca fino a Messner, lo scalatore per antonomasia – lo scrittore presenta un mondo coinvolgente, dove la montagna diviene anche metafora della vita e la vetta non è la dogmatica cima innevata, bensì un confronto con il senso che sta dietro alle cose, che per ognuno è differente e personale, così come lo sono i traguardi da raggiungere.
I 12 capitoli di Di roccia e di ghiaccio ripercorrono i 12 gradi di difficoltà in alpinismo e arrampicata, attraverso le sfide storiche dal Cervino all’Eiger, fino alle salite libere sul Marmolada. Del resto, l’alpinismo ha assunto differenti significati nel tempo. Grado zero è il Medioevo, l’iter religioso, il voto, dove l’uomo “viene portato sulla montagna per avvicinarlo a Dio”, o più semplicemente un gesto per l’anima, con Petrarca che svela come “l’altezza sia poca cosa” e contino assai di più la personalità, l’isolamento e la passione che mette nelle gambe l’ansia di ricerca e la concretizza attraverso l’azione fisica.
A lungo poi è stato il pretesto della scienza a motivare le salite in montagna (Michel-Gabriel Paccard e Jacques Balmat sul Monte Bianco). Ma è solo un alibi e tale si dimostra, come dice chiaramente il titolo della biografia dello scalatore Lionel Terray: Les conquérants de l’inutile, i conquistatori dell’inutile, che sottolinea la gratuità dell’alpinismo. Eppure, si continua ad arrampicare e si è sempre più sedotti dalle cime. Quindi ci deve essere qualcos’altro, una motivazione che porta al rischiare in modo disinteressato. L’alpinista Camanni (nella foto qui accanto) è esplicito: “Il desiderio dell’innamoramento, ecco la motivazione. Non è l’altezza di per sé, perché oggi se hai dei soldi puoi comprare la tua scalata sull’Everest, con i portatori che ti conducono con l’ossigeno, senza rischi né imprevisti. Ma non è nemmeno la performance o la fama: è solo la passione totalizzante quella che può portarti in alto e motivare il rischio affrontato. Il rischio – continua lo scrittore – è necessario, perché senza rischio non c’è l’avventura. E senza l’avventura non esiste la vita. Se si arriva al punto di ‘uccidere il drago’, addomesticare tutto, si perde il senso del nostro passaggio su questa Terra. Bisogna avere una passione fortissima a sostenerci, ma anche conoscere i propri limiti, ovvero sapere quando fermarsi”.
Apparentemente paradossale, questa frase è in realtà la base della vita. Senza passione non esistiamo, non andiamo avanti, ma è necessaria l’autoconservazione perché la curiosità non divenga incoscienza pura. La passione da sola “può portarti male”: se si impara a riconoscere i segnali interni e i segni esterni invece si possono raggiungere le cime più alte.
Non c’è limitazione, solo limiti: quelli che ognuno sa riconoscere come propri in un dato momento e che, coscientemente, possono essere superati. Non esiste neppure differenza tra uomini o donne (il branco e le goliardate possono essere anche parte del femminile), differenza fisica (anche da “menomati”, narra Camanni, si possono compiere indimenticabili imprese). “Salire verso la cima è una questione puramente mentale e spirituale: come nelle discipline orientali, ci si stacca da se stessi e si diviene ‘altro’; si conoscono che gesti fare, il panico non prende il sopravvento e la paura è solo un segnale e come tale va interpretata”.
In montagna, come nella vita, la volontà è importante, ma non sufficiente: è necessario spingersi oltre alla via segnata e poi guardare in faccia il rischio e l’avventura, mantenendo però sempre salda l’anima.