Pier Mario Fasanotti
Da Bobi Bazlen a Roberto Calasso

Il nuovo adelphismo

Si chiama "Adelphiana": non è un catalogo, ma il racconto dei cinquant'anni di una casa editrice che ha trasformato la grande cultura in un best-seller. Perché la qualità paga...

Tra gli eventi italiani di maggior peso culturale alla Fiera del Libro di Francoforte (terminata il 13 di questo mese) è da annoverare un librone di quasi 800 pagine intitolato “Adephiana”. Nulla di celebrativo, ci tiene a ripetere il presidente della Adelphi, Roberto Calasso. E gli crediamo, tanto più che è scevro da qualsiasi retorica e figura come un manuale, una rassegna, una guida per lettori attenti, quali poi sono i compratori dei libri decisi da Calasso e dai suoi collaboratori. La casa editrice è arrivata al cinquantesimo anno, e Calasso, nella prefazione scrive.”Oggi il gioco riprende, e il sottotitolo potrebbe essere «pubblicazione permanente e sporadicamente visibile»”.

L’Adelphiana, anno per anno, ricorda i titoli comparsi, ne fa una sinossi, aggiunge foto e scritti per così dire paralleli. Costa 35 euro. Non è poco, ma vale la pena spenderli se non altro perché questa summa racconta decenni della nostra storia, italiana e internazionale. La storia delle immaginazioni e degli accadimenti, quelli nudi e crudi e nello stesso tempo gli acquerelli narrativi dei medesimi: “Percezioni oblique, penetranti, legate al momento, alle circostanze, che spesso congiurano per disperderle. Si è spesso detto (e forse Brichot lo avrà ripetuto nel salotto Verdurin) che non c’è nulla di più inedito dell’edito”, afferma l’austero e severo, nonchè lessicalmente elegante, Calasso.

bobi BazlenAnno 1963, pubblicazione di Robinson Crusoe. Commento di Bobi Bazlen (nella foto), uno dei “padri” dell’Adelphi: “Come sono lontani i tempi di Robinson! Oggi si naufraga soltanto su isole eternamente sterili, il futuro è sul mare (canzone della Marina), i coralli rossi pungono, robaccia del passato. Anno successivo, estremamente importante perché viene pubblicato Aurora e Frammenti postumi di Friedrich Nietzsche. Sì, proprio lui, che avrebbe ispirato circoli di scalmanati nichilisti affacciati sui parapetti della destra mondiale. La curatela di uno studioso dell’altezza di Giorgio Colli ci fece sapere che le opere del filosofo tedesco pubblicate in Germania sono in edizioni “né attendibili – in quanto edite con gravi arbìtri – né complete, in quanto una grande massa di materiale giace ancora sconosciuta a Weimar”.  Anche la francese Gallimad, con le nuove traduzioni dei testi di Nietzsche, ha seguito il consiglio italiano, ovverossia riconoscendo la necessità di “procurarsi testi attendibili”. In Aurora, lo stesso autore annotava che era, il suo, un libro di pensieri, un libro “pensato per sé”. Aggiungendo poi di averlo scritto per coloro i quali “essendo capaci di sentire profondamente e con finezza le cose umane, sanno però essere liberi dalle smania invadenti de.i riformatori e dei predicatori di morale”.

Carlo DossiSempre nel ’64 esce Note azzurre di Carlo Dossi (nella foto accanto), “così elegante e così pallido, notturno e carico di un sense of humour perfettamente occulto, e totalmente disperato, egli è il nostro più vero preraffaellita manqué. Sempre Arbasino: “Come Musil, e come il giovane Gadda, Carlo Dossi non poteva resistere a nessuna teoria. Si innamora di tutte le idee; e usa un’intelligenza ingenua e disillusa per saggiare tutti gli argomenti, provare tutti i punti di vista, tentare ogni emozione secondo ogni giustificabile motivazione, dietro un gelido riserbo né esibitivo né narcissico”.

Christopher IsherwoodFacciamo un salto temporale, evitando il vitalissimo Georges Simenon, per approdare a Christpher Isherwood (nella foto qui accanto), grandissimo scrittore colpevolmente trascurato per molti anni, e oggi ancora, a nostro parere. Esce Un uomo solo. Scrive a questo proposito Peter Cameron: “…è un capolavoro in cui ogni scheggia ha un peso specifico enorme, e un’enorme capacità di disturbo: nel migliore dei sensi possibili”. Nel 2012 Il rumore del tempo di Osip Mandel’stam, il quale diceva: “Se fosse per me, mi limiterei a storcere il naso pensando al passato. Lo ripeto, la mia memoria è spinta dall’ostilità, non dall’amore, e il suo lavorio rimuove il passato, non lo riproduce”.

Osip Mandel’ stamL’opera di Osip Mandel’stam (nella foto) ha un’impalcatura di metafore, unica costruzione che aiuta la struttura compositiva. Ricorda la grande poetessa russa Anna Achmatova: “L’ultima cosa che desidero è plasmare una biografia ‘rispettabile’ di Mandel’stam. Non ne ha affatto bisogno. Era una persona con l’anima del vagabondo nell’accezione nobile del termine e un poete maudi par excellence, come anche la sua biografia ha dimostrato… Per anni fu costretto fin dal mattino a pensare dove procurarsi i soldi per il pranzo. Lui non sapeva assolutamente risparmiare e tenere una contabilità. Dicono che prendeva soldi in prestito da tutti. A me non ha mai chiesto un copeco… A Mosca non solo non lo amavano ma, rendendosi conto del suo valore, ritenevano necessario combatterlo… Osip veniva immancabilmente definito ‘l’emigrato interno’, la qual cosa non mancò di riflettersi sul destino successivo del poeta”.

Come facilmente è intuibile, sfogliare l’Adelphiana è come addentrarsi in un mondo variegato, ricco, complesso, contradditorio. E di un fascino con pochi paragoni, almeno in Italia. Con gli anni, per la verità pochi, molto pochi, i libri di questa casa editrice sono diventati sirene per i necessariamente e utilmente lettori curiosi, segnaletica del “questo si deve leggere”. In una parola: autorevoli. E anche orpello di snob e ignoranti che, se ripresi dalle telecamere, si adoperano affinché si veda, alle loro spalle, la fila degli Adelphi. Grossolana imitazione, si dirà. Ma anche ossequio, certamente silenzioso ed orecchiante se applicato a questa categoria, alla cultura “alta”.

roberto calassoL’Adelphiana come distingue Calasso (nella foto qui accanto), non è un catalogo storico: “Quello c’è già, ed è un’altra cosa”. Per ogni anno si segnalano libri considerati “significativi”, affiancati da alcune recensioni “fulminanti”. Poi le foto, le meno cimiterialmente scontate. Per esempio Nabokov con il retino per la caccia alle farfalle, Sybille Bedford in vasca da bagno con la visiera, Faulkner su una sdraio in pantaloni corti su una terrazza di Los Angeles. E l’intento qual è? Spiega sempre Calasso: “Far capire attraverso i libri che abbiamo pubblicato – come ha dichiarato a un quotidiano – l’aria che tirava in quegli anni e quello che la casa editrice voleva essere e proporre. Per esempio, prendiamo il Sessantotto: da noi escono libri molto poco sessantottini. Zaratustra di Nietzsche, le riflessioni sull’arte di Kandisky,  Arte e Anarchia di Edgar Wind, Alice nero parla, Il monte analogo di Daumal”.

Georges SimenonVoluta e ripetuta indifferenza per la generazione della contestazione e dei no spesso immotivati se non emozionalmente? No, spiega Calasso: “Ci vogliamo rivolgere ai ragazzi che oggi hanno 18 anni per fargli conoscere libri che uscirono quando loro non c’erano. Libri che si trovano ancora, noi facciamo trecento ristampe l’anno”. Grande ispiratore è stato Bobi Bazlen, sempre alla ricerca de libri unici, quelli irripetibili, perché all’autore “qualcosa è accaduto” che non si verificherà più e il libro ne è testimonianza. Vendite, poi. Il caso più clamoroso è stato Simenon (nella foto): più di 100 titoli in catalogo, due milioni di copie vendute equamente divise tra Maigret e i romanzi senza Maigret, “e ancora ce ne sono parecchi da fare”. E pensare, diciamo noi, che Simenon era della Mondadori! Poi non più: non tanto per lo scippo della Adelphi quanto per la colpevolissima distrazione della casa editrice di Segrate. Lo stesso vale per Curzio Malaparte. Certo che facilita un accorto editore la sciatteria di un altro, alla ricerca a tutti i costi del best seller. Risultato: i suggestivi ( e scadenti) testi di Dan Brown e le varie “Sfumature” (grigio, nero eccetera) avvistate in internet per il loro continuo ammiccare a un sesso tanto soft quanto banale.

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