Appuntamento a Chivasso
Il festival delle parole
Arriva alla decima edizione la rassegna piemontese "I Luoghi delle Parole": uno spazio dove gli scrittori e il pubblicano intrecciano la memoria e i nuovi linguaggi
I Luoghi delle Parole compie dieci anni e, fino al 23 ottobre, cala come la nebbia che in autunno ricopre la zona di Chivasso, Castagneto Po, San Benigno, San Sebastiano e Volpiano. In un momento in cui l’Italia si trova di fronte a un chiaro tentativo di smantellamento e livellamento verso il basso del settore culturale, questo festival ha del miracoloso. Regge non solo la situazione in modo onorevole, proponendo una serie di appuntamenti di livello medio-alto (tutti gratuiti) ma si pone anche fuori da quelli che sono i circuiti culturali e fisici delle grandi città, i set classici e plurisfruttati di Quel che resta della cultura. Una scelta non solo di continuare ma anche di farlo in provincia, rischiosissimo, soprattutto d’autunno, quando il freddo provoca un netto calo del desiderio di uscire e ‘fare cose’ fuori, prendere la macchina e attraversare le prime colline che dividono Torino dalla cintura.
Eppure da lì si parte: I Luoghi delle Parole parla proprio di spazi; dell’esigenza di scoprire ancora altri spazi (soprattutto quelli non convenzionali) dove i libri possano incontrare le persone, prima ancora dei lettori. Il nome del festival, d’altronde, venne scelto proprio per sottolineare la convinzione che in ogni luogo, fabbrica, giardini, piazza e strada, municipio, fino all’ovvia biblioteca, non solo sia un’occasione per parlare di libri, ma divenga uno spazio dove è necessario parlare di libri, narrare, leggere, scambiarsi opinioni, confrontarsi e crescere. Perché le storie servono a questo, esclusivamente a questo: dare una svolta alle nostre vite attraverso le parole che evocano immagini, sentimenti, episodi. Le parole in cui ci possiamo riconoscere o che possiamo misconoscere, quelle che creano un mondo e rendono questo su cui passiamo i nostri giorni più abitabile, più ospitale.
Dai tempi dei tempi le Storie, le Parole servono per essere “un faro” nella vita delle persone, soprattutto nei momenti di grande crisi generale. Leggere fa bene, aiuta lo spirito a librarsi e quindi liberarsi, gli scrittori sono amici senza età, senza tempo, sempre presenti, che ci permettono non solo di riconoscerci nelle loro vicende, ma anche di avere speranza nel loro potere rigenerante.
La vita sarebbe solo una successione di giorni alternati dalla luce e dal buio, se non ci fossero dei lampi di luce a illuminarne gli spazi: un incontro, una parola, una nota, un’immagine, possono far svoltare le nostre vite: questo è il potere della narrazione orale e scritta. Quando leggi divieni qualcun altro, le possibilità si allargano, la vita diventa potenzialmente infinita e ogni piccolo gesto acquista dignità di essere vissuto, perché mostra la sua potenziale meraviglia dell’essere narrato.
Come scrisse Natalie Goldberg nel saggio Writing down the bones “anche la storia di come si affetta una melanzana ha diritto a essere raccontata”. Con le parole giuste, i semplici gesti quotidiani divengono epica e l’epica è fatta da passioni e sentimenti coinvolgenti da sempre uguali per tutta l’umanità, che attraverso l’emozione creano appartenenza e un senso alle nostre vite. Le parole ci possono cambiare, se scelte e dette con cura: il potere del logos è virtualmente infinito.
Quest’anno, il festival affronterà anche – a trent’anni dalla nascita di internet – la rivoluzione sociale e tecnologica, che non ha solo modificato il modo di scrivere, ma anche il linguaggio stesso, quotidiano, letterario e giornalistico. (Le parole che cambiano).
In particolare, I Luoghi delle Parole presenta in questo suo decennale autori noti, le cui parole sono un piacere da ascoltare e fare proprie: Gene Gnocchi, Cristiano Cavina, Riccardo Iacona, Stefano Benni, Fulvio Ervas, Marco Malvaldi, , Fabio Geda, Davide Longo, Maurizio Pallante, Shadi Amadi, Diego De Silva, Domenico Quirico e molti altri, sistemati in un ricco calendario che arriverà fino alla fine del mese.
“Si scrive, e per lo stesso motivo si legge – dice Cristiano Cavina (Inutile Tentare Imprigionare Sogni, Marcos y Marcos) – per salvare delle cose, per tenersi compagnia, per trasmettere della passioni, per contaminare, per celebrare l’affetto per qualcuno o qualcosa che non vogliamo venga dimenticato”.
Ricordiamoci di ricordare, perché gli spazi dei giorni possano diventare qualcosa di rilucente.