Cronaca (vera) della tre-giorni
Diario dalla Leopolda
Lavoro in comune, più proposte che vecchie critiche, niente privilegi. Sono alcune delle caratteristiche della kermesse di Matteo Renzi. Una novità assoluta. Che molti criticano senza conoscere. Noi siamo andati a vedere di persona...
Sono stata alla Leopolda. Per me, era la prima volta. E ho visto organizzare, sfilare, parlare e lavorare ai 100 tavoli e sul palco, una quantità davvero numerosa, eterogenea di donne e uomini. Di età, condizione sociale e provenienza diverse. Sono andata lì per tre giorni giusto per capire, conoscere e – nel caso – criticare. E quel che ho trovato è stato un modo straordinariamente positivo di cooperare e raccontare le proprie esperienze e proposte. Per lo più persone “qualsiasi”, e assieme.
Mi sono potuta sedere a uno dei 100 tavoli senza alcuna prenotazione, ma solo perché ho atteso pazientemente in fila l’apertura delle porte della sala per 40 minuti, come le tante altre persone normali e non famose che avevo accanto. Una volta dentro ci siamo seduti ai tavoli, ci siamo presentati e abbiamo dibattuto; con la parlamentare che coordinava il tavolo abbiamo raccontato, obiettato, proposto e buttato giù una serie di punti. Abbiamo finito alle undici di sera, dopo un’ora di lavoro. La mattina dopo, alle 8, ho trovato nella mia posta elettronica il documento che il coordinatore del nostro tavolo, un ragazzo di 25 anni, aveva steso di notte riordinando quanto era venuto fuori dal nostro tavolo; nella lettera ci chiedeva di leggere e correggere personalmente, dove necessario, il documento. A stretto giro, abbiamo rimandato le nostre osservazioni. Questo è ciò che posso dire sia accaduto al tavolo Cultura in Europa.
Nei giorni a seguire, i lavori sono proseguiti con l’avvicendarsi degli interventi. La maggioranza delle persone erano giovani, ragazzi e ragazze fra i 18 ei 30 anni. Nessuno parlava per frasi fatte o con quelle stereotipate e vuote parole usate abitualmente nei congressi e di cui, ahimé, vengono riempite le nostre teste attraverso la Tv e buona parte dei giornali. Renzi ha parlato solo alla fine, interloquendo fin troppo poco, e giusto per presentare gli interventi. Gli interventi erano stati proposti tramite un semplice invio on line. Io non avevo inviato niente perché mi interessava più ascoltare: ma molti dei ragazzi e ragazze sconosciuti al pubblico (con cui ho parlato) mi hanno detto di aver inviato la loro proposta, non confidando affatto nell’accettazione.
La differenza fra i lavori della Leopolda e altri lavori di Convention e Congressi della sinistra degli ultimi decenni a cui ho assistito è rappresentata dalla propositività piuttosto che dalla protesta contro qualcuno o dal ribadire ciò che già si sa. E dal fatto che non c’erano trattamenti di favore per le personalità: tutti arrivavano e si sedevano dove trovavano posto; o facevano la fila per mangiare in identico modo. Tutti attendevano di entrare, senza accessi preferenziali. Racconto tutto questo perché, dopo tre giorni di lavoro e ascolto vero, costruttivo e interessante, tornata a casa apro giornali e tv e ritrovo le solite accuse insulse a Renzi e a ciò che fa: protagonismo, inconsistenza, essere di destra.
Questo fa davvero male, oggi: affossare, denigrare e disprezzare per partito preso e senza conoscere. C’è, insito in questo modo di fare, un sottile e sprezzante disprezzo per le persone che si danno da fare, che credono, lavorano e investono energie nuove in qualcosa che potrebbe davvero portare grosse novità. Chi continua a remare contro senza essersi preso la briga di andare a conoscere di persona ciò di cui parla, ha una grande e grave responsabilità. Soprattutto verso le persone più giovani: quelle che, nonostante tutto il piangere e criticare e deprimere attorno, trovano lo slancio, il desiderio e la possibilità concreta per lavorare e credere, collettivamente, in qualcosa di positivo.
Uno degli ultimi interventi della Leopolda, è stato quello di Oscar Farinetti: ha parlato di buon esempio, come principale motore per far cambiare la nostra politica e il nostro paese. Cerchiamo, per favore, di dare il buon esempio. Rimbocchiamoci le maniche, e proponiamo. Lavoriamo, possibilmente cooperando. E smettiamola di passare il tempo a battagliare o inventare e cercare difetti in chi, semplicemente, non ci sta simpatico.