La morte di un grande artista
Cinema delle verità
Ritratto di Carlo Lizzani, regista e intellettuale di enorme spessore che ha segnato tutta la storia del secondo Novecento. Un uomo saggio e disponibile che ha passato la vita a raccontare la realtà mediata dalle emozioni
L’ultima volta che ci è capitato di vedere Carlo Lizzani è stato pochi giorni fa quando, tornati dalla Mostra del cinema di Venezia, volevamo parlare di un documentario di Gianni Bozzacchi, che al Lido non avevamo seguito con l’attenzione che meritava. Eravamo in procinto di scrivere la scaletta della puntata di Hollywood Party ma quella voce, inconfondibile, era impossibile non fermarsi ad ascoltarla. Era la voce narrante di Non eravamo solo… Ladri di biciclette, una interessante produzione sulla nascita e lo sviluppo del Neorealismo, ricca di preziose testimonianze e di divertenti aneddoti.
Ora, accostare Lizzani alla parola divertente è piuttosto azzardato, vuoi per la sua produzione cinematografica vuoi per la serietà austera del personaggio. Che però non significava distanza, o peggio distacco. Anzi. Proprio dalla sua voce, per una volta sì davvero divertita, avevamo appreso che ai tempi di Riso amaro, che aveva scritto insieme al regista Peppino De Santis, era stato costretto a sostituire Vittorio Gassman nella scena del ballo: “Be’, lui non sapeva proprio muoversi a ritmo di musica, mentre io me la cavavo piuttosto bene”. Ecco, in questa frase c’è tutto Carlo Lizzani. Innanzitutto la riservatezza: immaginate quanti e quante volte al posto suo si sarebbero eccome giocati un episodio del genere, magari si sarebbero pure fatti invitare a Ballando sotto le stelle… E poi la disinvoltura nel raccontare le proprie capacità di ballerino. Lizzani, che non solo sa cos’è il ballo, ma sa pure ballare e alla grande.
La notizia della sua morte, e di come è avvenuta, ci si è conficcata come un chiodo nel cuore. L’associazione di idee va subito ad un altro grande, Mario Monicelli. Ma Tolstoj ci insegna che è solo quando ridiamo che siamo gli uni uguali agli altri, non certo quando il dolore ci sconfigge. Carlo Lizzani era spesso difficile da decifrare, ma al contrario di molti suoi colleghi non c’era mai una volta che si negasse. Non ricordo, in tanti anni, un no a una intervista. E non era certo per il gusto di apparire, semmai per un senso dettato dal dovere, dalla consapevolezza di essere uno dei testimoni di un cinema che ogni giorno va scomparendo, come i personaggi che svaniscono nelle foto dei film dove si viaggia nel tempo.
A braccio, mi viene da dire che il suo film più bello fosse La vita agra (con Ugo Tognazzi, nella foto qui accanto), tratto dal libro di Luciano Bianciardi e interpretato da Ugo Tognazzi e Giovanna Ralli e girato a Milano nel 1964. Ma poi anche Banditi a Milano, oppure Torino nera. O magari, ma per un episodio curiosissimo, Siluri umani, che lui aveva diretto non accreditato, tanto è vero che regista risulta essere Antonio Leonviola. Ebbene, nel film sono presenti un grande attore e… una grande voce. Il grande attore è Raf Vallone, la grande voce, che doppia Vallone, è quella di Emilio Cigoli. Che però in questo film è anche attore. Per cui, nel momento in cui di due personaggi si incontrano, Vallone mantiene la “sua” voce, cioè quella di Cigoli, mentre quest’ultimo si deve accontentare di quella di un altro grande collega (nel senso di doppiatore): Mario Pisu. Ci fa piacere, ma è un piacere piccolo piccolo, che la scomparsa di Carlo ci abbia dato la possibilità di raccontarvi questo aneddoto. Avremmo preferito che fosse lui a raccontarcelo, a raccontarvelo, con quella voce che sapeva di cose buone, profonda e calma, ma che purtroppo nascondeva un tormento inestinguibile. Ciao Carlo.