Alessandro Boschi
Il nostro inviato al Lido

Girotondo Roma

Convince tutti "Sacro GRA", il film realizzato da Gianfranco Rosi puntando la cinepresa intorno al Raccordo della Capitale. Bel film anche "La jalouise" di Philippe Garrel, una classica storia di "educazione sentimentale"- Ben diretta e ben recitata (premio in vista?)

Altri due film in concorso, quando siamo giunti quasi all’epilogo di questa 70^ edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. E a ben vedere le due produzioni viste questa mattina, nonostante siano diametralmente opposte per origine e destinazione, confermano quello che è il trend di questo festival: il prodotto medio. Che però è già qualcosa, anzi.

Sacro GRA dell’eclettico Gianfranco Rosi (nessuna parentela) mostra, con l’intenzione di raccontarle, vicende umane e sociali ai margini del raccordo che cinge la capitale. Il regista ha percorso a piedi di quasi settanta chilometri del Grande Raccordo Autostradale e ha filmato persone, orrori, miserie, sogni, puntando la cinepresa intorno all’asfalto. Non possiamo dire che Rosi sia così diventato il Signore degli Anelli, ma non c’è dubbio che il suo film sia piaciuto. I personaggi sono davvero interessanti e i tre o forse più anni di lavoro impiegati per la realizzazione hanno avuto il meritato approdo qui al Lido. Alcune delle situazioni, va detto, sembrano un po’ troppo “scritte”e perdono un po’ della loro vitalità brutale che viene comunque compensata ampiamente dalla curiosità che i personaggi scovati dal regista suscitano. Sacro GRA dà l’idea di essere “complice” del pubblico, come se l’autore fosse preoccupato, a torto, dalla paura di non fare uscire abbastanza i personaggi. Comunque, un buonissimo prodotto. Una domanda: era necessario il GRA per raccontare queste storie?

Il secondo film passato in mattinata, anch’esso in concorso, è La jalouise di Philippe Garrel. Un bellissimo bianco e nero racconta la vicenda, sempre (troppo sempre) ai margini del mondo che Garrel conosce meglio, quello del teatro e degli attori che cercano una parte tra un pasto saltato e un tradimento.  La storia parte dall’abbandono del nido familiare da parte di Louis, forse il personaggio più normale, che va a vivere con un’attricetta senza arte né parte. La storia, come dicono i napoletani, è semplice: lui, lei e o’ malamente. Solo che i malamente sono solo per la donna, che è molto disinvolta perché, secondo lei, anche lui, il suo partner, è come lei. Falso. Lei va a letto con altri, lui no. Solo che lui è davvero un bischero e fa di tutto, troppo, per cercare di riportarla a sé.  Buon per lui che non gli riesce. È un film essenziale, normale, medio. Ma ha delle possibilità, per confronto e per meriti propri. E non dimenticatevi che Louis Garrel (Louis nella vita e nella storia, figlio di Philippe) è l’attore lanciato in The dreamers da Bernardo Bertolucci. Che è il Presidente della giuria.

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