Ricordate l'autore del film "Il lupo"?
Mistero Calvagna
Storia di un regista, Stefano Calvagna, totalmente fuori dai "giri" consueti del nostro cinema, ma che pure sta per uscire nelle sale non con un film, ma due: "Rabbia in pugno" e "Multiplex"
Onestamente, non ce lo ricordavamo. Quando, vedendo i due manifesti, uno accanto all’altro, nell’ingresso di una multisala con due titoli accumunati dallo stesso regista, Stefano Calvagna, non abbiamo in nessun modo collegato il suo nome a quel film del 2007 intitolato “Il lupo”, pellicola che tanto fece discutere. Non per presunti o reali pregi cinematografici, bensì perché raccontava le vicende di Luciano Liboni, il criminale catturato a Roma dai carabinieri dopo un lungo inseguimento. La cronaca riferisce che Liboni, ferito alla testa, cercò di scappare dall’ambulanza che lo stava trasportando. Così provocando la reazione dei suoi custodi. Di fatto in ospedale arrivò cadavere. Questo fu sufficiente, insieme all’infanzia terribile subita da Liboni, a fare di lui se non un eroe almeno uno sfortunato, una vittima, un cavaliere solitario con una qualche dignità morale. Dignità morale che ovviamente, secondo Calvagna, non avevano avuto i carabinieri che a suo modo di vedere avevano messo in atto una spietata caccia all’uomo. Dunque, l’omicidio a sangue freddo di Alessandro Giorgioni, 36 anni, carabiniere, coniugato e padre di un bambino, ad opera del suddetto Liboni, era non il risultato di una scelta consapevole bensì la conseguenza delle agghiaccianti condizioni in cui il Liboni era nato e cresciuto. Ora, non sappiamo voi cosa ne pensiate, ma questa tesi che pure possiede un fascino teorico, così solida non ci sembra. Vero è che le cause sono più importanti degli effetti, ma la morte di un giovane, ripetiamo, ucciso a sangue freddo, assottiglia e di molto il margine di discussione. Perché Liboni, l’assassino Liboni, era pienamente consapevole di quello che stava facendo. Così come era consapevole dei rischi che in virtù della sua scelta si stava assumendo.
Ma non è questo il punto, ci serviva solo per ricordare la vicenda legata a quel film e soprattutto il personaggio Stefano Calvagna, al quale si può rimproverare molto ma non di essere un ipocrita. Di certo Calvagna non fa parte delle tanto deprecate e deprecabili conventicole del nostro cinema, se non altro perché afferma di non avere mai avuto un euro di finanziamento e poi, un cineasta che ha ricevuto come onorificenze, due volte, La fibula d’ora di Lucca, ci pare degno di attenzione. Anche se non sappiamo di cosa si tratti. In realtà il Calvagna è stato insignito addirittura da Walter Veltroni di un attestato, dichiara sempre il regista in una intervista di giugno dell’anno scorso, che così recita. “ A Stefano Calvagna attore e regista romano per avere riportato alla ribalta delicati fatti di cronaca della Capitale, 8 novembre 2005”. Sarà anche vero che una targa non si nega a nessuno ma questo è un riconoscimento che fa il paio e non solo con quelli che ricevono tanti altri cineasti, avvezzi peraltro a premiarsi gli uni con gli altri. Ma non è nemmeno questo il punto. Il punto è che Calvagna ha ben due film in uscita a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro. I titoli: Rabbia in pugno e Multiplex. Ci chiediamo, sperando che il nostro non se ne abbia a male, chi abbia avuto il coraggio di investire su di un personaggio così decentrato. Due film, in questo periodo storico e in questo periodo dell’anno sembrano un suicidio doppio. Ma Calvagna è un paria del cinema che, come egli stesso afferma, “nessuno ha mai invitato alla Mostra di Venezia “(e dire che…). Quindi non abbiamo scelta. Vedremo i film, e ve ne parleremo. È una promessa, anche se assomiglia molto a un fioretto.