Fa male lo sport
Calcio, j’accuse
Le istituzioni e i club ormai tollerano ogni tipo di violenza da parte degli ultrà. Possibile che a Lecce, prima del caos dopo la mancata promozione, nessuno sapesse che cosa si stava preparando? Anche le connivenze stanno uccidendo il calcio
Offuscata da Balotelli e dal Maracanà, domenica scorsa è andata in scena a Lecce l’ennesima rappresentazione italiana di violenza da stadio. Una infezione diffusa ovunque come dimostrano avvenimenti accaduti di recente anche in Francia, e tuttavia da noi una piaga purulenta, mal curata e inguaribile, un po’ come il debito pubblico. Il rituale è noto: indignazione a gogò ogni volta che accade qualcosa. Ma nessuna inversione di marcia. A cominciare dai club, sempre pronti a stracciarsi le vesti e mai capaci di gesti di rottura radicali con il tifo delinquenziale. Quasi come quei giornalisti che, per questioni di campanile, di tifo (e di vendite), tendono a sopire e troncare, troncare e sopire.
Non voglio ammorbare anche io i miei venticinque lettori con l’intransigenza e l’invocazione della repressione tout court. Mi limiterò a qualche considerazione.
1) E’ sbagliato considerare teppisti e delinquenti tutti gli ultrà. Sarebbe più giusto considerare i comportamenti delle persone attraverso le azioni e le responsabilità individuali.
2) Le leggi ci sono, andrebbero applicate correttamente. E’ demagogico chiedere misure più severe.
3) La tessera del tifoso va ripensata. A pagare pegno è stata in questi anni la tifoseria in generale, quella più corretta: trafile incredibili per assicurarsi un biglietto, trasferte proibite agli appassionati. L’aggancio ad un circuito bancario per il merchandising è stato una sorta di piccola truffa come ha riconosciuto anche il Consiglio di Stato. E il chip di riconoscimento una violazione della privacy. Va però aggiunto che l’introduzione della “tessera” ha in parte ridotto – almeno come numero – i casi. L’Osservatorio sulle manifestazioni sportive ha detto che rispetto allo scorso campionato sono diminuiti del 31% gli incidenti negli stadi. Dunque, la tessera va rimodulata e non abolita.
4) La certezza della pena. Pare che alcuni dei protagonisti della guerriglia allo Stadio del Mare di Lecce fossero soggetti già sottoposti a Daspo, cioè al divieto di assistere a partite di calcio. Perché erano lì? Non è la prima volta che accade. La polizia si difende dicendo che non può controllare ogni cosa. Ma allora a che serve questo Daspo? Quando si parla del modello inglese – della vittoriosa battaglia contro l’hooliganismo – si porta ad esempio l’inflessibilità di quelle norme. Nel regno di Sua Maestà non c’è scampo per chi sfascia uno seggiola o urla qualcosa come “negro di merda”: fuori e qui non ci metti più piede. Anzi, ti fai un bel po’ di anni di galera.
5) Da noi invece non succede, nonostante brogli e brogliacci. Come del resto, in tanti altri scompartimenti della vita pubblica italiana. Mi sono sempre chiesto, ad esempio, che cosa mai debba ancora succedere allo stadio Olimpico di Roma perché le cosiddette autorità – sportive e non, intendo – si decidano ad usare la mano pesante. L’Olimpico continua a godere di una sorta di “extraterritorialità”, una specie di Vaticano dello sport. Con i vari presidenti del Coni, cioè il numero 1 dello sport italiano – Carraro, Petrucci o Malagò non importa chi sia il Pontefice regnante – che da un lato condannano e si indignano, dall’altro benedicono i provvedimenti del cosiddetto giudice sportivo: che il più delle volte, si limita ad elargire multe a Roma e Lazio, invece di chiudere a doppia mandata e per un bel po’ – a costo di compromettere un’intera stagione di un club e quindi toccare investimenti e incassi – l’impianto del Foro Italico. Via di qui, tornate tra un anno e, se ci riprovate, vi diamo il doppio della squalifica. Si obietta: ma così pagano anche quelli che allo stadio vanno solo per tifare e guardare lo spettacolo. Questo è uno degli alibi più ipocriti: paghino anche loro, invece. Quelli che assistono da anni e anni zitti e muti – tranne piccoli episodi di rivolta civile – allo scempio che si compie quasi ogni domenica. A Roma come altrove.
6) Questure, prefetti, polizia e carabinieri, invece, hanno a disposizione bel altri strumenti. Eppure si ha come l’impressione che ci sia confusione e incertezza. Per non dire di peggio. Mi vengono in mente – quando si diffondono notizie come quella di Lecce – i fatti di Genova 2001 durante il G8. La mano forte con i deboli, la mano debole con i forti. I black bloc che misero a ferro e fuoco la città “controllati” e lasciati agire indisturbati quasi facesse comodo far credere che assalire una banca e scassare una vetrina fosse la stessa cosa che sfilare pacificamente in corteo; e chi manifestava con bandiere arcobaleno e cantava Bella ciao veniva massacrato di botte e poi punito nella notte alla Diaz. Così con i black bloc da stadio (adesso c’è pure chi si esalta perché gli ispiratori delle rivolte arabe e in Turchia sarebbero stati gli ultrà del calcio: mah…). Ci sono squadre di agenti e funzionari nelle Questure che si occupano delle partite della domenica e della frange estremiste, poliziotti che conoscono uno ad uno gli elementi più facinorosi, ci sono riunioni su riunioni, ci sono informatori e infiltrati. Eppure, invece di prevenire e di usare fermezza verso i teppisti certificati, si aspetta, si valuta, si prende tempo. Ma se vi azzardate ad entrare al San Paolo o a San Siro con una bandiera che abbia un’asta di plastica, vi piombano addosso come se avessero beccato la buonanima di Bin Laden. Nel frattempo nello stadio è entrato di tutto. Mi chiedo: possibile che nessuno a Lecce sapesse delle intenzioni di quei gentiluomini? E ancora: quando partirà una rivolta di quelli che allo stadio vogliono continuare ad andarci e non si arrendono alla tv? Quando otterremo segnali forti e chiari da tutto lo stadio se la squadra del cuore fallisce la promozione o viene retrocessa e tutti applaudiranno con le lacrime agli occhi? Quando Sky o Rai oscureranno quelle squadre i cui tifosi sono stati protagonisti di brutte cose?
Il nostro calcio ha bisogno di un elettroshock. State tranquilli: non verrà praticato.