Vincenzo Faccioli Pintozzi
Tutti gli uomini (nuovi) del Pontefice

Rifondazione vaticana

Benedetto si è "dimesso" perché riteneva di non avere le forze per cambiare la curia. Adesso, papa Francesco sta per rivoluzionare i poteri interni al Palazzo (anche seguendo i consigli del precedessore). Vediamo come e perché. Ruolo per ruolo

Il comunicato è laconico, ma chi frequenta non tanto i Sacri Palazzi – a leggere i giornali sembra che i vaticanisti ci vivano, in realtà gli accessi sono davvero rari – quanto le stanze della comunicazione vaticana sa che ha avuto l’eco di un tuono. Lo scarno annuncio emanato lo scorso 13 aprile è il primo passo verso una rivoluzione copernicana all’interno della Curia cattolica romana.

Pariamo dai fatti: per studiare una revisione della Curia romana e per avere consigli nel governo della Chiesa universale, papa Francesco ha nominato un gruppo di cardinali provenienti dai cinque continenti. I porporati hanno come compito formale anche l’elaborazione di un progetto di revisione della Costituzione apostolica Pastor Bonus, sulla struttura e i compiti della Curia romana, varata da Giovanni Paolo II nel 1988. Secondo il documento, la Curia ha il compito di aiutare il pontefice nel suo ministero petrino universale. Allo stesso tempo essa serve a esprimere con efficacia la comunione del papa con tutti i vescovi nell’affrontare le sfide della missione della Chiesa. Ma per alcuni, mischiata al decreto con cui Paolo VI ridisegnò la figura del Segretario di Stato, la Pastor Bonus ha creato un moloch inamovibile che può davvero esercitare il ruolo di filtro fra il Papa e i suoi collaboratori.

Nell’ultimo periodo del pontificato di Benedetto XVI sono apparsi sui media mondiali diverse situazioni e “scandali” che hanno portato alla luce divisioni all’interno della Curia, errori nella conduzione di delicati dossier, fuga di documenti (Vatileaks). Per questo, Benedetto XVI ha chiesto a tre cardinali di stilare i risultati di un’inchiesta che è rimasta segreta e consegnata al nuovo pontefice. Su indicazione di papa Ratzinger, i tre cardinali (Julián Herranz, Josef Tomko e Salvatore De Giorgi) hanno potuto comunicare parti o conclusioni del loro studio alle congregazioni generali che hanno preceduto il conclave. Per questo, il comunicato stampa della Segreteria di Stato, che annuncia la costituzione del gruppo, cita “un suggerimento emerso nel corso delle Congregazioni Generali precedenti il Conclave”. Ma quello che va notato davvero – oltre al botto che farà la commissione nella Terza Loggia – è la struttura internazionale del gruppo di cardinali quali “consiglieri nel governo della Chiesa universale”. Tale struttura sembra rispondere di più alle esigenze di collegialità nella guida della Chiesa. È anche probabile che tale gruppo potrà incanalare la Curia romana in una dimensione di servizio al papa e ai vescovi, più che di interlocutore privilegiato del pontefice.

Gli otto prescelti sono davvero eccezionali: Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; Francisco Javier Errázuriz Ossa, arcivescovo emerito di Santiago de Chile (Cile); Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay (India); Reinhard Marx, arcivescovo di München und Freising (Germania); Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo); Sean Patrick O’Malley, O.F.M. Cap., arcivescovo di Boston (U.S.A.); George Pell, arcivescovo di Sydney (Australia); Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, S.D.B., arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras), con funzione di coordinatore; mons. Marcello Semeraro, Vescovo di Albano, con funzione di segretario. La prima riunione collettiva del gruppo, recita il comunicato, “è stata fissata per i giorni 1/3 ottobre 2013; Sua Santità è tuttavia sin d’ora in contatto con i menzionati Cardinali”. Ai quali si aggiunge un vescovo, Semeraro, che ha lavorato a stretto contatto con l’allora cardinal Bergoglio durante un Sinodo romano.

Cosa faranno? Impossibile dirlo adesso. Quello che appare chiaro è che ci sarà una rivoluzione nella struttura di potere; che il ruolo del Segretario di Stato sarà ampiamente ridimensionato; che la Curia smetterà di parlare italiano per tornare al latino, segno che l’universalità implicita nella parola “cattolica” torna in primo piano. Va poi sottolineato che Pell e O’Malley sono stati fra i fustigatori più feroci dello scandalo pedofilia nelle rispettive diocesi; che Pasinya aveva proposto – senza molto successo – un nuovo meccanismo di gestione delle finanze nelle diocesi; che Gracias ha in mente una serie di questioni riguardo i riti asiatici che non molti hanno voluto (fino a ora) ascoltare.

La nuova Curia sarà internazionale, pastorale e meno impegnata nella salvaguardia del benessere temporale della Chiesa. Almeno, si spera.

Facebooktwitterlinkedin