Ubaldo Villani-Lubelli
La lezione del Napoltano bis /1

La webdemocrazia

Il "vecchio" presidente ieri ha dato una lezione ai partiti ma la frattura tra cittadini e istituzioni s'è fatta ancora più profonda. E non basta anche ancora la Rete a colmare le distanze. Tanto meno la Rete strumentalizzata da Grillo

Ieri Giorgio Napolitano è sembrato un gigante in confronto al resto dei parlamentari italiani. Il suo discorso è stato una lezione magistrale ad una classe politica incapace di dare risposte credibili ai problemi del Paese. Il Presidente ha cercato di farsi interprete del comune sentire dei cittadini italiani ormai stanchi di sentire solo proclami e intenzioni ma vedere pochi fatti.  Ciò nonostante, la rielezione di Giorgio Napolitano ha sancito un’altra frattura tra la classe politica e i cittadini. Le immagini della scorsa settimana di Palazzo Montecitorio assediato da manifestanti per l’elezione di un Presidente della Repubblica non si erano mai viste e sono ancora una volta la dimostrazione di quanta richiesta di partecipazione politica esista nella società. Eppure la classe politica e i partiti continuano a non riuscire a dare risposte convincenti in questo senso. Le iniziali scelte del Partito Democratico di votare Franco Marini e Romano Prodi (beninteso, due persone di alto profilo istituzionale) erano comunque espressione di un’epoca politica ormai ampiamente archiviata o per usare un’espressione di Matteo Renzi, “del secolo scorso”.

Provando ad andare oltre le personali inclinazioni e interpretazioni politiche sulla rielezione di Giorgio Napolitano è indubbio che questa scelta rappresenti da una parte una sconfitta per il sistema dei partiti e dall’altra una soluzione temporanea. I problemi e la crisi dell’intero sistema politico restano tutti lì. È chiaro che è tempo che venga modificata la Costituzione in senso presidenziale o di un premierato forte. Speriamo sia stata l’ultima volta che assistiamo ad un meccanismo di elezione del Capo dello Stato antiquato e lento, improponibile nella società di oggi. Il sistema della cosiddetta chiama, della votazione su carta e di un processo di votazione che dura quattro-cinque ore è inadeguato. Una delle priorità del nuovo governo dovrà essere la riforma delle Istituzioni, la madre di tutti i problemi dell’Italia.

Ma la richiesta di partecipazione politica non si esaurisce qui. Mai come in queste “elezioni presidenziali” la rete ha avuto un ruolo enorme. Dalle Quirinarie del Movimento5Stelle ai propositi politici annunciati tramite twitter, gli strumenti offerti dalla rete hanno invaso e condizionato le scelte politiche. Ma è stata vera partecipazione? Purtroppo no. Proprio le Quirinarie del M5S, che sono state il principale fattore di novità, hanno rappresentato un’altra occasione persa dai 5Stelle per contribuire a dare maggiore trasparenza ai processi politici. Il M5S continua a proclamare le potenzialità e la democrazia della rete, ma non mette in pratica queste pur buone idee.

Le Quirinarie sarebbero dovute essere lo strumento principale di partecipazione, ma per troppo tempo non abbiamo saputo i dati sul numero dei partecipanti, resi sono solo oggi. La partecipazione politica realizzata tramite la rete dal M5S resta, ancora una volta, ad un livello parziale e poco trasparente. Grillo e i suoi hanno strumentalizzato l’utilizzo della rete affermando di essere loro, i 5Stelle, gli unici a rappresentare la volontà generale. Ma di quale volontà generale si sta parlando? Dei 4677 voti a Rodotà? Così come per le Parlamentarie, in realtà, i cittadini coinvolti nei processi di votazione sono stati poche migliaia. Parlare dunque di volontà generale e di tutti i cittadini è un facile espediente retorico che non fa che danneggiare le possibilità future di forme di partecipazione in rete. Finché la democrazia della rete sarà quella a 5Stelle, ben venga un vecchio padre della Patria e rigoroso custode della Costituzione come Giorgio Napolitano.

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