Corea: guerra o fuochi d'artificio?
Kim Jong-bum
Che cosa ha in testa il giovane dittatore nordcoreano? Dice un analista: “È sparito il potentissimo zio ed è riapparso un vecchio politico riformatore. Kim Jong-un vuole garantirsi la sopravvivenza e usa le minacce per blindarsi”. Ma il 53esimo parallelo rimane la “linea rossa” da non attraversare.
Il tempo passa e la tensione cala. Anche se in realtà il giorno buono potrebbe essere il 15 aprile – anniversario della nascita del “padre della patria” Kim Il-sung – è innegabile che il suo degenere erede ha calmato almeno i toni. Kim Jong-un aveva fissato per il 10 aprile l’ultimatum oltre il quale “non avrebbe potuto garantire la sicurezza degli stranieri in Corea”. Ma il giorno è passato senza grossi botti.
D’altra parte, come racconta al Chosun Ilbo un analista sudcoreano, “le minacce rivolte al mondo dalla Corea del Nord nascondono una resa dei conti interna al regime. È sparito dalle scene Jang Song-taek – zio ed ‘eminenza grigia’ del giovane dittatore Kim Jong-un – mentre è riapparso Pak Bong-ju, che dieci anni fa venne incaricato di riformare l’economia nazionale verso il libero mercato e che finì epurato proprio per ordine di Jang”.
Secondo l’analista la nomina a primo ministro di Pak – approvata dall’Assemblea dei lavoratori del Nord lo scorso primo aprile – dimostra senza ombra di dubbio che le provocazioni militari di Pyongyang “nascono da una resa dei conti. Il giovane Kim ha sempre avuto lo zio al fianco da quando ha preso il potere, ma questi è sparito dai media e dalle fotografie ufficiali dall’inizio di marzo. D’altra parte Jang è sempre stato considerato ‘militare’, mentre Kim è più politico”.
Ora, aggiunge, “qualcosa deve essere cambiato. Il terzo Kim vuole il controllo pieno dell’esercito, ma per averlo doveva eliminare l’ingombrante parente [marito di una sorella di Kim Jong-il, Kim Kyong-hui. Entrambi sono con lui nella foto, uno accanto e l’altra davanti al dittatore ndr]. Certo, ora deve dimostrare di saper guidare i militari: se tutte queste minacce e questa retorica non porteranno a nulla, lui rischia di perdere del tutto la faccia e anche la fiducia dei suoi generali”.
A sostegno di questa ipotesi arrivano anche le rassicurazioni che un membro dell’Ufficio generale del turismo della Corea del Nord ha fatto a diversi tour operator cinesi. Parlando con un gruppo di funzionari durante una visita a Xian, nella provincia dello Shaanxi, Kim To-hun ha detto: “Non vi preoccupate. La guerra sulla penisola coreana non ci sarà, quindi mandateci il maggior numero possibile di turisti”.
Proprio il turismo cinese è una delle maggiori fonti di guadagno per il regime di Pyongyang, che da tempo sopravvive grazie agli aiuti economici di Pechino. Parlando nei giorni scorsi con AsiaNews, l’agenzia di stampa del Pontificio Istituto Missioni Estere, il presidente della Conferenza episcopale coreana mons. Kang ha chiarito come le minacce e la retorica del Nord “servono solo per aiutare la sua disastrata economia”.
Quale che sia il suo intento, Kim Jong-bum (come lo ha ribattezzato con molta ironia il tedesco Der Spiegel) sa che non può andare oltre la linea rossa del 53esimo parallelo. Gli Stati Uniti non permetterebbero un’invasione di terra o un razzo contro una delle proprie basi. Insomma il botto ci sarà, ma con ogni probabilità sarà più un enorme fuoco di artificio che l’innesco della III Guerra mondiale.