Due letture: un romanzo dello scrittore francese e “Lampi” di Jean Echenoz
I complici di Sim
La figura del protagonista dei “Complici” di Simenon evoca per certi aspetti quella di Raskol'nikov nel capolavoro di Dostoevskji. Ma qui l'evento chiave è incidentale
George Simenon è stato – si sa – un grande romanziere e assai felice appare anche la sua lunga serie dedicata al Commissario Maigret: non ci stupiamo così se a ogni sua nuova lettura rinnoviamo grandi emozioni. Accade con I complici (Adelphi editore, 158 pagine, 17,00 euro): un ritratto psicologico come quello che ci propone supera in intimità qualunque altro precedente. Si potrebbe dire che dal punto di vista dell’intreccio narrativo c’è ben poco in questo romanzo, ma momento per momento sono descritti i passaggi emotivi più diversi del protagonista: un colpevole che non è stato identificato con i suoi mutevoli cambi di umore: dalla sicurezza alla paura, alla possibilità di un cedimento che talvolta sollecita il desiderio di costituirsi per poi tornare a un atteggiamento di sicurezza e poi ancora paura avvertendo minacce da ogni parte fino alla morte, fino al suicidio.
Lambert guida una Citröen nera in modo distratto occupando il centro del manto stradale. Ha accanto la sua amante Edmonda Pampine. Dietro la sua macchina chiede insistentemente strada un grosso pullman pieno di bambini. Lambert non si muove; il veicolo che lo segue tenta il sorpasso ma non trova lo spazio necessario perché Lambert non sposta la sua macchina. Il pullman si sfascia in un tremendo urto: restano uccisi quarantotto bambini e l’autista. Lambert pensa in un primo momento che non ci fosse nessuno in strada e rapidamente cambia direzione su una strada laterale e si allontana. Ma i timori di essere stato scoperto si addensano subito nell’animo suo, e ogni figura che gli viene in mente potrebbe essere per lui quella che lo denuncerà. Teme anche che la sua amante che era in macchina al suo fianco possa andare alla polizia ma su questo si tranquillizza verificando di giorno in giorno l’atteggiamento di Edmonda che non fa mai riferimento all’accaduto.
Incontra un uomo che conduce le capre e pensa che sia lui che l’ha visto: infatti quando questo capraio vestito a festa lo va a cercare e si indirizza verso di lui Lambert teme che gli proponga un ricatto. Ma non è così. Sebbene finga nel migliore dei modi rivela qualche turbamento. «Doveva comportarsi – si dice – come le altre sere, parlare, aspettare, scrollare il capo e sospirare anche lui». Ma i maggiori sospetti vengono al fratello: «Sei stato tu?», «No», «Lo disse con tale convinzione e semplicità che vide il fratello cambiare espressione». Si scoraggia quando sa che la polizia indaga sulle Citröen nere e non riesce a risollevarsi. Si isola, a un certo momento si chiude in una stanza, alza la canna della rivoltella verso la bocca ma poi posa l’arma «gli sembra di sentire passi che si avvicinano. Allora chiuse gli occhi e si affrettò a sparare».
Di Jean Echenoz è uscito nel 2007 Ravel (ancora Adelphi grande editore) che non era una vera e propria biografia del grande compositore francese ma una serie di primi piani scattati via via durante la vita di Ravel: un piccolo capolavoro. Appare ora dello stesso scrittore e nella stessa edizione Lampi (176 pagine, 17,00 euro). Questa volta non credo che si tratti di un capolavoro perché la storia narrata è un po’ ripetitiva ma si tratta sempre di un buon libro. Il personaggio del racconto è Gregor: dietro questo nome, si rileva nel risvolto di copertina, si cela Nikola Tesla, una delle figure più misteriose e romanzesche della scienza del Novecento.
Gregor è uno straordinario inventore nel campo dell’elettricità: ha depositato tanti di quei brevetti da non ricordarsene nemmeno lui. Altri, a distanza di tempo e di luogo, li avrebbero usati come se fossero propri e si accenna alla possibilità che anche Marconi nell’invenzione della radio abbia fatto uso di uno di quei brevetti. Il libro elenca fin troppo minuziosamente tutti i vari momenti delle invenzioni, con Gregor che passa da trionfi a cadute, dalle enormi ricchezze alla povertà, dalle altolocate relazioni sociali alla solitudine e alla crisi. Scelgo un solo tema: quello dei rapporti tra Gregor ed Edison.
Edison, inventore della corrente continua per illuminare case e strade, è sicuramente l’uomo vincente nel campo dell’elettricità. Ma Gregor è riuscito a realizzare un altro tipo di corrente, quella alternata che risulterebbe più efficace e meno cara. Alla fine tutti gli danno ragione ma è interessantre vedere come Edison voglia sostenere che la corrente alternata è nociva e può portare anche alla morte. Raccoglie una serie di animali di piccolo taglio stretti da cinghie davanti alla folla, li sottopone a una forte scarica di corrente alternata che li uccide. Ripete l’esperimento anche con animali più grossi, buoi e cavalli: muoiono bruciati. Fino alla trovata più spettacolare, quella di sottoporre alla corrente alternata un elefante.
A un Luna Park c’è una elefantessa in punto di morte. Edison piazza l’elefantessa davanti a una cinepresa e la uccide con una scossa. «L’elefantessa si affloscia all’istante come un vescica bucata, enorme sacco di pelle svuotato di colpo del suo contenuto, le quattro zampe appiattite in direzione dei punti cardinali». Nell’ultima parte della sua vita Gregor in forte crisi fa esperimenti con i piccioni, ne guarisce uno e riempie la sua camera d’albergo di una grande quantità di questi volatili che diventano i protagonisti della fine del racconto. Tanto che l’autore del libro Jean Echenoz interviene in prima persona scrivendo: «Personalmente non ne posso più di questi piccioni».