Baldo Meo
Fronte del rock

Inimitabili Oasis

Perché il ritorno (atteso, desiderato, contestato, sognato e ora chiacchierato) degli Oasis è una notizia-bomba nel mondo del rock? Semplice, perché la band di Manchester è l'unica, vera erede dei Beatles

Auspicata, evocata, desiderata e alla fine avveratasi, la reunion degli Oasis ha galvanizzato i fan di tutto il mondo. I concerti programmati per il 2025 sono andati sold out in poche ore. Al di là delle motivazioni che hanno spinto i due rissosi fratelli Gallagher a riprendere un percorso insieme (per quanto tempo?) – che qualcuno sospetta di carattere economico, considerate le varie famiglie di Liam e il divorzio di Noel (sospetti avallati anche dalla scelta del dynamic pricing che ha fatto esplodere il costo dei biglietti) – questa è senz’altro per il rock la notizia del secolo.

Gli Oasis si sono imposti sul panorama musicale con una forza immediata, fin dal primo album, Definitively Maybe, che li ha resi la band di punta della nuova British Invasion anni ‘90: un rock che ancora risentiva delle sonorità punk, ma che si avviava verso la ripresa di “vecchi modelli” (in questo debitori, i Gallagher, di una band culto come gli Stone Roses): innanzitutto i Beatles, a cui i due fratelli si sono sempre dichiarati devotissimi (Liam, è noto, ha un passione totalizzante per Lennon).

Come i quattro di Liverpool, i due di Manchester provengono dalla classe operaia, ragazzi con infanzie difficili, desiderosi di raccontare le loro vite, di trovare un posto nel mondo con propri modelli e stili di vita. Come i Beatles, gli Oasis sono stati capaci di infondere coraggio e fiducia ad una generazione di giovani risvegliatisi dall’ euforia godereccia degli anni Ottanta, in piena crisi economica ed occupazionale, aggravata nel Regno Unito dal “Mercoledì nero” del 1992 e dalla crisi della sterlina (che coinvolse anche il nostro Paese, già martoriato dalle stragi di Capaci e via D’Amelio e ad un passo da Tangentopoli).

I testi della band sono pieni di ribellione e autoaffermazione, a partire dal primo singolo Supersonic, che usciva giusto trent’anni fa nell’aprile del 1994:

“I need to be myself/ I can’t be no one else/ I’m feeling supersonic (…) ‘Cause no one’s gonna tell you what I’m on about/ You need to find a way for what you want to say/

But before tomorrow (…) You need to be yourself/ You can’t be no one else”.

Quella di affrontare la vita in maniera combattiva, perfino ottimistica, e di non lasciarsi abbattere dalle difficoltà, sarà una costante che ritroveremo anche più avanti, in canzoni come D’You Know What I Mean (1997): “So open up your fist or you won’t receive/ The thoughts and the words of every man you’ll need/ Get up off the floor and believe in life/ No-one’s ever gonna ever ask you twice”. O come Stop Crying Your Heart Out nell’album Heathen Chemistry del 2002: “May your smile/ Shine on/ Don’t be scared/ Your destiny may keep you warm (…) Take what you need, and be on your way/ And stop crying your heart out”.

Eredi del rock puro, senza fronzoli elettronici e campionature, in grado di suonare dal vivo con la stessa potenza che in studio, guidati da un frontman magnetico e con una voce personalissima (che è probabilmente la migliore voce rock in giro da diverso tempo) e da un chitarrista-compositore con un suo stile peculiare, gli Oasis hanno segnato la storia del rock con brani diventati immediatamente dei classici. Basterebbero WonderwallDon’t Look Back In Anger, e la già citata Stop Crying Your Heart Out a renderli immortali. Sette album in studio dal 1994 al 2008 e un successo inesauribile in tutto il mondo e un amore ancora intatto.

Una band iconica, come i Beatles, in grado di imporre modelli estetici, dalle pettinature all’outfit (i parka amatissimi da Liam, il quale ha messo su pure una sua linea di abbigliamento). Taglio di capelli e abiti sono stati riproposti di recente anche da noi da un giovanissimo cantautore in cerca di idee.

Ricordo ancora l’impressione che mi fecero la prima volta che li ascoltai: era il 1995 e MTV trasmetteva il videoclip di Wondewall. Incuranti delle mode dell’epoca eccoli vestiti normalmente, maglioncini e camicie a quadri, facce serie, modi sprezzanti, con l’etichetta del 45 giri con sopra la scritta Oasis, come una vecchia label anni Cinquanta/Sessanta che i più attempati di noi avrebbero potuto far suonare sui giradischi Geloso. Il tutto in bianco e nero. Iconograficamente, un misto di sicurezza di sé e amore per il passato; musicalmente, un riff semplice e un sound distorto con un impatto incredibile, una sorta di “rumore bianco” sotto la voce di Liam.

Gli Oasis sono gli eredi dei Beatles, non i loro epigoni. Sono gli unici ad aver saputo estrarre filamenti di DNA dai brani dei Beatles, di Lennon soprattutto, e farne nuove creature (in questo senso, potremmo ricordare al massimo qualche brano dei Radiohead). Ma restano inimitabili: quanti volessero ispirarsi a loro finirebbero per essere una brutta copia o una scimmiottatura. Nessuno è stato finora così temerario da tentare, e meno male. Chi ha provato a copiare i Beatles è finito come i Badfinger o gli Electric Light Orchestra. Non mi pare il caso.

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