Pasquale Di Palmo
I deliri del bibliofilo

Il caso Berto

La singolare storia editoriale del “Male oscuro”, romanzo-capolavoro dello scrittore veneto sulla “nevrosi da angoscia”. Rifiutato da fior di editor e lettori delle più importanti case editrici, fu poi pubblicato nel ’64 per volontà di Angelo Rizzoli che scommise – a ragione – su un grande successo

Il male oscuro è considerato il capolavoro di Giuseppe Berto. Nonostante la prima edizione sia piuttosto facile da reperire sul versante del modernariato, con quotazioni limitate a qualche decina di euro, il titolo ha a monte una curiosa storia editoriale. Venne pubblicato da Rizzoli nella collana “La Scala in edizione rilegata di 420 pagine, con copertina realizzata da Mario Dagrada rappresentante uno stilizzato labirinto (nella foto sotto) che, in qualche modo, richiama la tematica affrontata, riguardante la “nevrosi da angoscia”. Nella stessa collana apparirà anche il romanzo La cosa buffa nel 1966 e la ristampa del suo libro d’esordio Il cielo è rosso. Il volume, di cm 22,5 x 15, presenta una sovraccoperta in acetato e una scheda editoriale contenente sia una foto dell’autore sia la descrizione del romanzo. Il titolo è ricavato da un passo della Cognizione del dolore di Gadda riportato in esergo, contestualmente a due brani di Freud ed Eschilo: «Era il male oscuro di cui le storie e le leggi e le universe discipline delle gran cattedre persistono a dover ignorare le cause, i modi: e lo si porta dentro di sé per tutto il fulgorato scoscendere d’una vita, più greve d’ogni giorno, immedicato».

Lo stesso Gadda avrebbe dovuto scrivere la prefazione ma, non riuscendo nell’impresa, si accontentò di diramare una recensione radiofonica che contribuì in maniera determinante al successo dell’opera. Berto incontrò non poche resistenze da parte del mondo editoriale prima di riuscire a stampare il titolo con la casa editrice milanese. Il dattiloscritto venne infatti proposto senza successo a Niccolò Gallo, editor della Mondadori, e Natalia Ginzburg, lettrice dell’Einaudi. Un ulteriore tentativo fatto con la Longanesi non approdò ad alcun risultato. Ma ci furono resistenze nella stessa Rizzoli: l’autore aveva infatti coinvolto l’amico Michele Prisco, il quale, dopo aver letto il romanzo, lo passò a Domenico Porzio, direttore della succitata collana “La Scala”. Quest’ultimo espresse parere positivo, ma si scontrò con Nicola Carraro, funzionario della Rizzoli, restìo a pubblicare libri “scartati” dalla Mondadori.

Nella sua biografia Vita scandalosa di Giuseppe Berto, edita da Bollati Boringhieri nel 1999, Dario Biagi precisa: «Porzio aveva apprezzato il testo, ma s’era scontrato con l’opposizione interna del suo superiore Carraro, che non voleva pubblicare romanzi rifiutati dai concorrenti. In effetti, Niccolò Gallo – riferisce Elio Bartolini –, saputo delle trattative con la Rizzoli, aveva malignato con Gian Antonio Cibotto, che allora era un po’ il rappresentante della Rizzoli a Roma: “Sarebbe ora che la Rizzoli smettesse di raccattare gli scartini della Mondadori”, battuta che, naturalmente, aveva ferito Berto».

Sembra che a intervenire fosse Giancarlo Vigorelli che riuscì nell’intento di coinvolgere direttamente il patron Angelo Rizzoli. Scrive Biagi: «Gianni Ferrauto, a quel tempo direttore della Rizzoli, conferma che fu il vecchio Rizzoli a dare l’imprimatur: “Lesse al massimo una pagina, fidandosi del suo istinto pressoché infallibile”». Dopo un’ennesima revisione del testo (la punteggiatura è quasi del tutto abolita in una trama dagli esiti fortemente autobiografici), Berto chiese e ottenne un anticipo superiore a quelli che la Rizzoli concedeva in genere ai suoi autori. Lo stesso Porzio precisava in data 20 novembre 1963: «Si comunica che lo scrittore Giuseppe Berto ha consegnato il dattiloscritto definitivo del suo romanzo Il male oscuro e che questo è stato approvato. Pertanto si dà il nullaosta alla concessione dell’anticipo di Lire 1.500.000 promesso allo scrittore dal Comm. Rizzoli e riportato nel contratto».

Scrive al riguardo Evaldo Violo, funzionario rizzoliano e responsabile della Bur: «Il merito della pubblicazione del Male oscuro va totalmente a Angelo Rizzoli». Sembra che Giuseppe Berto, con tono tra il serio e il faceto, avesse avvertito Rizzoli: «Vuole diventare un grande editore? Pubblichi un grande libro». La lettura dei consulenti rizzoliani, tra cui Luciano Bianciardi e Maria Jatosti, dette esito positivo, specificando tuttavia che del libro si sarebbero venduti pochi esemplari.

Il titolo apparve nel marzo del 1964 in 7000 copie (su insistenza dell’autore, l’editore avrebbe voluto stamparne 4000), esaurite nell’arco di breve tempo. A sorpresa scoppiò un clamoroso caso editoriale che porterà all’aggiudicazione del Viareggio e del Campiello. Oltre a Gadda anche la prestigiosa «New York Review of Books» recensì entusiasticamente il romanzo. Non mancarono giudizi negativi, come quelli espressi da Pasolini, Pedullà e Anna Banti, derivanti anche da contrapposizioni di natura ideologica. Praz arrivò a sostenere che si trattava di una scopiazzatura dell’Ulisse di Joyce. Il libro piacque a Buzzati, Bo, Montanelli, Pomilio, del Buono che, con le loro recensioni, contribuirono a decretarne il successo. Nel primo anno furono effettuate dieci ristampe per un totale di centomila copie vendute. Di lì a poco, con quei proventi e la contrazione di un debito, Berto iniziò a costruire il suo rifugio a Capo Vaticano, in Calabria. Ma questa è un’altra storia.

Facebooktwitterlinkedin