Mario Dal Co
Un'iniziativa della Fondazione Alma Dal Co

L’Acquario di Venezia

Diario di vetri di Murano dimenticati e scomparsi alla Stazione di Venezia Santa Lucia: una storia di incuria tipicamente italiana

Questo diario è nato dalla curiosità di Alma. Ringrazio per aver letto, commentato o per aver fornito informazioni utili: Irina Baldescu, Marco Cenedese, Renata Codello, Carlo Magnani, Francesco Magnani, Francesca Nisii, Giandomenico Romanelli, Marzia Scalon, Chiara Tosi, Camillo Tonini, Alessandra Turri, Adriano Vecchiato, i quali non  hanno nessuna responsabilità dei miei errori e delle mie interpretazioni. Anticipazioni di questo studio promosso dalla Fondazione Alma Dal Co ETS sono apparse su VENEWS n. 288 giugno 2024.


Estate 2018: l’incontro. Un anno e mezzo prima del COVID ci accorgemmo che nella Stazione di Venezia centinaia di pesci nuotavano sopra la nostra testa. Il caleidoscopio di creature marine trasparenti risvegliava in Alma l’amore per il mare, la gioia del nuoto, la passione per la pesca.

14 novembre 2022: non dimenticare. La perdita di Alma ha suscitato la repulsione per l’oblio: per ricordarla, con Margherita abbiamo costituito la Fondazione Alma Dal Co che ha promosso questo studio per riportare alla luce questi vetri di acqua che l’oblio ha sommerso e altri che l’incuria ha disperso.

Nell’acquario, pesci, meduse e crostacei galleggiano tra alghe che salgono dal fronte del Canale, trattenuti da reti che compongono i 18 pannelli rettangolari che fungono da lucernai per la pensilina sovrastante la gradinata della Stazione.

Ogni rettangolo di circa 8 metri quadri è composto da 76 formelle di lato 30 x 30 cm e da 28 triangolari di lati 30, 30, 42,4 cm. Un totale di 1.872 formelle, di cui 1.368 quadrate. Sono oltre 140 mq lavorati nelle fornaci dai vetrai di Murano, una delle opere più cospicue degli anni Cinquanta.

Gli anni Cinquanta: la cura del dettaglio. L’architetto Paolo Perilli completò la Nuova Stazione di Venezia disegnando un robusto, eloquente sostegno per i pannelli: le formelle di vetro sono incastrate e sospese nell’intelaiatura di acciaio, sotto la quale è steso un trefolo di ottone i cui “punti di incrocio” paiono i nodi di una rete (figura 1, qui sopra). Con un orientamento ortogonale delle maglie il pannello apparirebbe rivestito di mattonelle, mentre con un orientamento non ortogonale il pannello diventa una rete da pesca, dove i pesci di maggiori dimensioni, travalicando i limiti della singola formella-maglia, appaiono irretiti nella metafora stesa dall’architetto.

Per ottenere questo effetto il maestro vetraio ha prima realizzato il pesce e poi lo ha tagliato per incastrarne le parti nelle maglie (figura 2, sopra).

È assai probabile che interventi di restauro o conservazione successivi all’installazione dei pannelli abbiano comportato lo smontamento di alcuni di essi. Sembra, infatti, che in particolare i primi da destra guardando la Stazione, ossia da nord, presentino un ordine confuso che ha compromesso la regolarità iconografica, che prevede le alghe verdi fluttuare verso l’alto avendo le radici dal lato del canale.

Nella figura 3 (sopra) si vede uno di questi pannelli irregolari molto differente da quello rappresentato nella figura 4 (sotto) [1].

La guerra. Il dibattito sulla necessità di rinnovare la Stazione austriaca inizia prima della Grande Guerra. Il conflitto, con Venezia in prima linea dopo la rotta di Caporetto, allontanano l’attenzione dal progetto. Dopo interventi settoriali, nel 1934 viene bandito un Concorso di idee. Partecipano 40 candidati con 48 progetti[2]. Vince Virgilio Vallot, ma il progetto “rimane sospeso fino al 1936[3]. In quell’anno il Ministro Benni decide di affidare la costruzione del corpo frontale del fabbricato viaggiatori alla collaborazione Mazzoni-Vallot, proseguita fino al 1943, e il rifacimento del palazzo compartimentale al Mazzoni”[4].

Nel 1942 Vittorio Cini, allora Ministro delle Comunicazioni, apprezzandone il contributo nella realizzazione dell’E42 (EUR), incarica direttamente Mazzoni di ridefinire il progetto della Stazione di Venezia. Le tragedie della guerra ritardano la realizzazione[5].

Nell’immediato dopoguerra Angiolo Mazzoni, amareggiato dalle accuse di vicinanza al fascismo e forse anche dalle frustrazioni subite sul progetto di Venezia, emigra in Colombia[6]. Le Ferrovie incaricano l’architetto Paolo Perilli che tra il 1948 e il 1955 completa l’edificio viaggiatori, la facciata e il ristorante.

Cinquanta e Settanta: il ruolo della critica. Il progetto di Perilli incontra una ostilità che si riversa nelle pagine de L’Architettura, rivista diretta da Bruno Zevi. Forse perché Perilli è un architetto del settore tecnico delle Ferrovie o forse perché il più celebrato Mazzoni è stato esautorato e il Concorso rimasto senza esito, sta di fatto che il giudizio è inappellabile: “Il nuovo fabbricato viaggiatori di Venezia Santa Lucia, inaugurato lo scorso anno, è un’opera veramente modesta, risultato di una lunga trafila burocratica che ha dissipato ogni idea architettonica”.[7]

La stroncatura del progetto si accompagna alle lodi di quelli non realizzati, di cui si riportano vari disegni: “non vi è dubbio che l’attuale stazione sia funzionalmente e artisticamente peggiore di tutti i progetti del 1934”[8].

Il rammarico per la rinuncia all’accostamento tra acqua e punto di arrivo dei passeggeri si spinge ad evocare l’accesso con un canale dentro alla Stazione. Si tratta di soluzioni invero discutibili sotto il profilo funzionale e urbanistico, tanto che già all’epoca del Concorso si ironizzava sulla stazione in “cavana”[9]. L’ostilità si manifesta ancora nei decenni successivi con il giudizio di Carlo Severati sul progetto come “occasione mancata”, lamentando sempre la non compenetrazione tra la ferrovia e la via d’acqua.[10]

Ancora Cinquanta: la stampa distratta. Il rinnovamento della Stazione si protrae per due decenni a cavallo della seconda guerra mondiale: per questo motivo il cantiere non solleva più interesse nell’opinione pubblica. Probabilmente per lo stesso motivo, la cronaca non ne parla: la Stazione di S. Lucia diventa un argomento inattuale[11].

L’articolo sul Gazzettino di Venezia del 20 luglio 1953 “I lavori della stazione ferroviaria” annuncia che entro l’anno si sarebbe completato l’edificio viaggiatori. “Subito dopo si inizierà la costruzione del grande ristorante”. Il 9 settembre del 1955 il giornale si sente “Nella fase finale i lavori nella stazione di S. Lucia”, dove “due poderose colonne saranno rivestite con pannelli di vetro di Murano dividendo il salone in due parti e l’ampio bancone del bar dal perimetro esterno”[12]. Vedremo che di queste due colonne di vetro oggi ne sopravvive una soltanto.

2013. Impatto dello sfruttamento commerciale. Tra fruizione-valorizzazione e conservazione-manutenzione vi è un contrasto che occorre conciliare. Il progetto della Nuova Stazione aveva qualità che avrebbero consentito a Grandi Stazioni di contemperare i due gli obiettivi, conferendo la qualità estetica del progetto anche agli spazi commerciali, pur nell’adeguamento funzionale della Stazione. Ciò non è accaduto e sulle scelte fatte oltre vent’anni fa è ancora attuale il commento a caldo di Franco Miracco: “La nuova stazione-supermercato nell’oscurare parte del mosaico lo ha anche irrimediabilmente sconciato, tracciandovi attorno vuoti e pieni, materiali e tinteggiature, sostituzioni e soppressioni, che hanno reso arbitrario, incoerente e stupidamente offensivo l’inedito contesto rispetto alle intenzioni artistiche ed estetiche originarie pensate da Deluigi e Ambrosini”.[13]

La lunghezza della pensilina, con la simmetrica semplicità della sezione dove i tiranti si estendono verso la gradinata e verso l’atrio passeggeri, e la lineare distesa della gradinata che porta al piazzale con 12 scalini (contro i 16 della Madonna della Salute), ben si leggono nei disegni (figura 5, accanto). Sono scelte di qualità che consentiranno di affrontare con successo lo straordinario sviluppo funzionale della Stazione nei decenni successivi con l’impennata dell’interscambio con i mezzi d’acqua e l’aumento del flusso pedonale con Piazzale Roma.

Indizi. Le prime risposte alle due domande sull’acquario: chi è il progettista e chi è l’esecutore, sono venute a marzo 2024 dalla Soprintendenza di Venezia, dalla relazione di accompagnamento del provvedimento di tutela. E sono sorprendenti, ma non definitive. Il disegno sarebbe di Napoleone Martinuzzi, uno dei più quotati progettisti del vetro e scultore prediletto da Gabriele D’Annunzio negli anni del Vittoriale. L’azienda sarebbe la Cenedese, ancor oggi (Ars Cenedese Murano) tra quelle di più lunga tradizione.

Occorre verificare queste informazioni della Relazione Storico Artistica per la tutela e porre l’altra domanda: quando fu realizzato l’acquario?

Fino alla metà degli anni Cinquanta Napoleone Martinuzzi lavora con Gino Cenedese, disponibile a seguirlo in progetti innovativi. Realizzano insieme una serie di oggetti in vetro “pulegoso” e in vetro “scavo”, che per la sua scabra opacità richiama un reperto archeologico. Sono tecniche inventate o perfezionate da Martinuzzi e adatte ad un uso scultoreo del vetro. In vetro scavo sono realizzate le sfolgoranti colonne della sala esposizioni di Cenedese a Murano, con formelle cilindriche le cui iconografie sono ispirate a soggetti sia civili sia religiosi.[14]

Oggi: vetri dimenticati e vetri scomparsi. Delle due colonne rivestite di formelle di vetro pulegoso verde disegnate da Napoleone Martinuzzi, collocate al centro del ristorante, oggi se ne vede una sola, incastrata nel bar della Stazione tra un distributore di gelati e uno scaffale di patatine. Presenta le decorazioni a rilievo che si ripetono: una casetta veneziana, dei pesci, una sirena, una barca. Il colore verde, simile a quello dell’acqua della laguna, e i motivi delle decorazioni richiamano il tema affrontato nell’acquario (figure 6, sotto).

L’attribuzione a Martinuzzi del rivestimento delle colonne è certa e può avere portato la Soprintendenza ad attribuire “per estensione” alla stessa mano anche il disegno dell’acquario.

Diversi esperti, tra cui gli attuali titolari della ditta Cenedese e anche la dottoressa Marzia Scalon del Centro Studi del Vetro della Fondazione Cini, ritengono probabile che l’acquario sia stato disegnato da Riccardo Licata, all’epoca giovane collaboratore della vetreria. L’attribuzione si basa su considerazioni storiche, stilistiche e tecniche. L’esecuzione dei pesci e degli animali marini, più che alle lavorazioni di vetro pulegoso o scavo sembra riconducibile alle lavorazioni dei pesci “sommersi” di Licata, di cui condividono lo stile realistico (figura 7, accanto al titolo).

L’acquario della pensilina versa in condizioni precarie. Gli attuali lavori di rifacimento dell’intera scalinata si sviluppano a poche decine di centimetri dai lucernari, con esposizione a qualche rischio. L’illuminazione è ancora affidata a tubi fluorescenti, che danno una luce a bande di intensità alternata, instabile e di colore freddo. Critica appare la condizione di alcune formelle di vetro.

Ricerche negli archivi e nei depositi delle Ferrovie aiuteranno a fare luce sulle opere e sugli autori dell’acquario. Ma servirà anche capire come sia potuta avvenire la sparizione dell’intero rivestimento di vetro pulegoso della colonna disegnata da Napoleone Martinuzzi.

—-

Fonti delle figure: I disegni di progetto di Alberto Perilli sono tratti da: Fondazione Fs Italiane, Archivio Architettura, Fondo Perilli. Le foto dei pannelli sono dell’autore e la loro numerazione procede da nord verso sud.


NOTE

[1]) Per una analisi più puntuale della disposizione dell formelle vedi l’articolo dello scrivente: Un acquario di vetro alla Stazione di Venezia. I pesci in vetro di Murano a Santa Lucia, VENEWS n. 288 2024.

[2]) Una rassegna di alcuni dei progetti presentati, che con le varianti superano la cifra indicata, è presentata in: Carla Uberti, Il ponte ferroviario e la stazione, in: Lionello Puppi, Giandomenico Romanelli (curatori), Le Venezie possibili. Da Palladio a Le Corbusier, Electa 1985. Mazzoni ha presentato almeno sei progetti per il Concorso, secondo Riccardo Renzi, Venezia Santa Lucia, la scuola fiorentina al concorso del 1934,  Trasporti & Cultura n. 38, gennaio-aprile 2014, dimostrando di considerare quello della Stazione di Venezia come il suo progetto.

[3]) Sabina Carboni,Virginio Vallot Progetti per Venezia, riporta diversi disegni de presentati al Concorso. https://www5.iuav.it/homepage/webgraphics/IUAV-PAGINE.INTERNE/IUAV-MOSTREONLINE/VALLOT/vallot.htm

[4]) Grandi Stazioni Rail, Venezia S. Lucia, https://www.grandistazioni.it/content/grandiStazioni/it/le-nostre-stazioni/veneziaslucia.html.  Stefano Benni fu industriale di rilievo prima e durante il periodo fascista, quando dal 1935 al 1939 fu ministro delle Comunicazioni. Incarcerato per non aver aderito alla Repubblica di Salò,  dovette riparare in Svizzera per sfuggire ai fascisti e agli antifascisti.

[5]) Su queste vicende le indicazioni bibliografiche ed archivistiche sono in: Riccardo Renzi, op. cit.

[6]) Per una ricostruzione delle peripezie professionali di Angelo Mazzoni intorno alla Stazione di Venezia si veda: Fabrizio Gay, Particolari dalle conseguenze generali: il disegno di una pensilina e il destino della stazione di Venezia, in: Giancarlo Carnevale, a regola d’arte, Officina Edizioni, 2006. La pensilina di cui si parla non è comunque quella disegnata da Perilli, ma quella interna alla Stazione.

[7]) Vent’anni fa: Concorso per la Stazione di Venezia, L’Architettura (II 12 1956)

[8]) Ivi.

[9]) La stazione di Venezia in “cavana”? Gazzetta di Venezia 15/12/1938 e anche: Ancora della stazione in “cavana”, nuove indicazioni del suo probabile antifunzionalismo, ivi, 22/12/ 1938 e infine: La stazione di Venezia in “cavana”? Polemiche intorno a un progetto, La Tribuna, 28/12/1938.

[10]) Carlo Severati,  Stazione di Venezia Santa Lucia. Un’occasione mancata per l’architettura degli edifici ferroviari lungo il Canal Grande contigui alla Chiesa degli Scalzi, L’Architettura. Cronache e storia, n. 216, anno XIX, n. 6, ottobre 1973.

[11]) Alla Biblioteca Marciana i microfilm de Il Gazzettino hanno dato scarsi riscontri. Dal 1952 al 1955 ci sono pochi articoli sulla Stazione di Santa Lucia.  I filmati Luce on line, nell’eccellente lavoro di catalogazione fatto da Regesta.exe non hanno fornito materiale sull’inaugurazione della Stazione di Venezia, mentre si dilungano e spesso ritornano su altre opere meno significative. È probabile, tuttavia, che altro materiale non digitalizzato giaccia presso la sede centrale dell’archivio FS o presso i vecchi Compartimenti.

[12]) Gazzettino di Venezia del 20 luglio 1953: I lavori della stazione ferroviaria.

[13]) Franco Miracco, L’espansione “marcopoliana” perduta, La Nuova Venezia 30 aprile 2013. Per la foto del mosaico prima della sua “obliterazione” da parte di Grandi Stazioni si veda: https://mosaicodeluigiambrosini.blogspot.com/2013/05/da-la-nuova-venezia-30-aprile-2013.html

[14]) Marina Barovier (a cura di), Napoleone Martinuzzi vetraio del novecento, Il Cardo 1992.


La Fondazione Alma Dal Co:

Alma Dal Co (1989 – 2022) definiva così i suoi interessi:
“Stavo studiando fisica quando la biologia mi ha travolto. Sono rimasta affascinata da come nascono funzionalità complesse nelle comunità batteriche. Se non sono in ufficio, sono al pianoforte. Se non sono al pianoforte, sono sott’acqua a pescare in apnea”

La missione della Fondazione Alma Dal Co ETS è preservare l’eredità intellettuale di Alma nella scienza e nella musica, supportando gli scienziati all’inizio della carriera che perseguono ricerche innovative, hanno una passione per la conoscenza e sono pronti a sviluppare approcci multidisciplinari per studiare sistemi biologici complessi. La Fondazione promuove l’inclusione e la diversità.

Per saperne di più:

 

 

 

 

Facebooktwitterlinkedin