Regali di Natale
Il suono del silenzio
Il celebre violoncellista ha scritto per Il Mulino un saggio sul Silenzio. Che non è solo il contrario del fracasso contemporaneo, ma anche, se non soprattutto, uno stile di vita
Tra i libri letti nel corso dell’anno ce n’è uno che metterei nella mia ideale cassetta degli attrezzi. Si tratta infatti di uno di quei testi ai quali è utile ricorrere di tanto in tanto per apportare le correzioni di rotta – piccole o grandi – sempre necessarie nella nostra esistenza. Per compiere questo genere di operazioni è importante “staccare la spina”, come si usa dire: distaccarsi dal caos, dalla frenesia e dal frastuono; sottrarsi alla coercizione degli automatismi, mentali e fisici. Il silenzio è la condizione migliore per farlo. E su di esso si esercita Mario Brunello nell’affascinante saggio che si intitola Silenzio, pubblicato dal Mulino (119 pagine, 11 euro) nella collana “Parole controtempo”.
Questa collana, come dichiara la casa editrice, intende stimolare la riflessione su concetti «che la modernità sembra aver posto in secondo piano, percependoli come limitazioni alla libertà»; ma che, invece, sono «ancora efficaci per proiettarsi in un futuro che non dimentichi un senso etico ed estetico del vivere». I titoli pubblicati rendono l’idea del percorso suggerito dall’iniziativa del Mulino: Gabriella Caramore parla di Pazienza, Paolo Legrenzi di Frugalità, Salvatore Natoli di Perseveranza, Paolo Ricca di Sacrificio. Si tratta di concetti evidentemente controcorrente, o controtempo. Così è anche per il silenzio, in una società fracassona nella quale la forza dei polmoni sembra spesso prevalere su quella del pensiero.
Mario Brunello è un famoso violoncellista e quindi si sofferma innanzi tutto sulla musica, per la quale il silenzio è un materiale «come la creta nelle mani dello scultore, che può staccarne un pezzo dal blocco e metterlo lì dove serve». «Il silenzio che precede la prima nota e il silenzio dopo l’ultima – scrive – sono indispensabili affinché la musica si riveli ed esista». La musica che chiamiamo classica, aggiunge, «ha fatto del silenzio un elemento espressivo, di equilibrio formale, addirittura un elemento principale entro il quale distillare i suoni. Da Johan Sebastian Bach a John Cage è stato fatto un percorso che ha portato a ribaltare l’importanza dei ruoli tra suono e silenzio». E ognuno – Bach, Mozart, Beethoven, Schubert, Schoenberg, Cage – ha usato il silenzio come materia prima imprimendogli una sua cifra personale.
Mario Brunello passa poi ad affrontare i silenzi della natura, che sono apparenti e diversi, così come sono diversi i silenzi dei grandi musicisti. Il violoncellista ama esercitarsi in alta montagna ma ha suonato il suo strumento anche nel deserto, e ci racconta quanto il silenzio della prima sia differente da quello del secondo.
Di fronte alla natura, aggiunge Brunello, occorre fare silenzio: è l’approccio necessario per poterne cogliere il respiro, la musica: «Quando si riescono a escludere tutti i rumori, quando si riesce a non farli entrare nello spazio temporale in cui vive la natura, allora il silenzio apparente della natura inizia a “cantare”. L’ascoltare si tramuta in sentire, un sentire non solo attraverso le orecchie, ma attraverso tutti i sensi che, messi in allerta, vanno come a svegliare i sentimenti».
Via via il libro diventa, forse anche al di là delle intenzioni dell’autore, una sorta di manualetto esistenziale. Dapprima ci spiega come il silenzio non sia il nulla, il vuoto, bensì un’essenziale materia prima nella creazione artistica. E successivamente ci racconta come sia una risorsa non soltanto per gli artisti ma per tutti: per chi intenda ascoltare la natura e, anche, se stesso, le “voci di dentro” spesso trascurate o sovrastate. «Nella vita, nell’arte, nella religione, ma anche – afferma Brunello – nel lavoro, nella comunicazione, nella scienza, insomma dove l’uomo è intervenuto con l’intelligenza il silenzio lo ha accompagnato».